Rialto – Prime impressioni

scritto da polloviparo.

Qualche sera fa, sono riuscito a provare Rialto, nuovo gioco di Stefan Feld, che quest’anno ha in programma ben quattro giochi.

I giochi in questione, come ormai molti di voi sapranno, sono Bora Bora, Rialto e Brügge già disponibili e Amerigodato per disponibile, salvo smentite ad Essen.
Di Bora Bora abbiamo già parlato e riparlato, quindi non mi dilungherei ulteriormente (trovate tutto qui).
Sinceramente, fra i quattro, era il gioco su cui avevo riposto maggiori aspettative.
Aspettative premiate come ho scritto nella mia recensione, in quanto il gioco si è rivelato una vera gemma.
Riguardo Brügge, l’elemento forte di richiamo è dato sicuramente dall’accoppiata Feld-Menzel.
Un gioco che vede la collaborazione di uno degli autori più in auge al momento e di uno dei grafici più talentuosi del settore, non può che destare interesse e sicuramente è il colpo d’occhio a far da padrone.
Il gioco si presenta veramente molto bene, con le illustrazioni di alto livello a cui Menzel ci ha abituati.

Nella foto accanto la coppia Menzel (a sinistra) e Feld (a destra).

Per il momento risulta penalizzato dal fatto che sia disponibile solamente l’edizione Hans im Glück, ossia quella tedesca.

Il gioco infatti non è totalmente indipendente dalla lingua, contenendo le carte del testo.
Toccherà quindi con molta probabilità, per chi non ha familiarità con tale idioma, attendere quantomeno l’edizione  Z-man in inglese.

Nella foto accanto la componentistica di Brügge.


Amerigo dal canto suo, vede i suoi punti di forza (ma anche di debolezza) nell’editore Queen games e nelle dinamiche ancora una volta “apparentemente originali”.

Mi spiego meglio, i punti di forza della casa editrice della Regina, sono sicuramente legati a produzioni di alto livello per quanto riguarda componentistica e materiali.
I punti di debolezza, direttamente collegati, sono un prezzo di acquisto (specie in tempi recenti) piuttosto alto.
Per quanto riguarda le dinamiche “apparentemente originali” mi riferisco al fatto che fra l’elenco dei componenti del gioco compare una voce “dice tower” ossia una “torre dei dadi”.
Tutti ovviamente hanno subito pensato ad un implementazione di un “aggeggio” simile a quanto visto in Wallenstein / Shogun, altri titoli di punta della casa editrice.
Comunque sia il fatto che Feld si cimenti ancora una volta nell’uso dei dadi non può che generare curiosità.
Al momento non ci sono ancora immagini ufficiali del gioco, fatta esclusione per la scatola.

Nella foto accanto la scatola di Amerigo.

Dopo questa lunga premessa veniamo finalmente a Rialto, che è quello di cui fondamentalmente vi voglio parlare oggi.

Come al solito non una recensione incentrata sul regolamento (potete comunqe consultare l’anteprima disponibile qui) ma una “chiacchierata” sulle impressioni che mi ha lasciato il gioco.
Comincio col dire che ero un po’ prevenuto su questo titolo. Un po’ perché quando un Autore se ne esce con quattro giochi in un anno, immagino difficile che siano tutti di alto livello e dopo Bora Bora, mi aspetto quindi una scala discendente e non ascendente.
Il titolo è stato presentato sin da subito come un “Feld-light“, quindi più vicino ad uno “The Speicherstadt” o ad uno Stasbourg, titolo quest’ultimo che non rientra propriamente nelle mie grazie, in quanto fortemente e quasi esclusivamente incentrato sulle fasi di asta (che mi hanno un po’ stufato).
Aggiungente una componente grafica non propriamente accattivante e primi commenti in rete piuttosto tiepidi e capirete che non me la sono sentita, per quanto apprezzi Feld, di acquistare a scatola chiusa.
Ciò non toglie che quando un amico mi ha invitato a casa sua a provare il gioco, io sia corso per vedere se i miei dubbi erano fondati o meno e se riuscivo a levarmi qualche perplessità.
Come mi piace far di solito, desidero partire da un inciso, che risparmierà a chi non ne ha voglia di leggersi tutto il resto.
Domanda: Rialto è un buon gioco?
Risposta: Sì
Domanda: Rialto è uno dei migliori giochi di Feld?
Risposta: No
Ovviamente secondo i gusti personali di chi scrive.
Vediamo di approfondire
Rialto si presenta, come mi aspettavo come un gioco piuttosto semplice ed un regolamento che si spiega piuttosto velocemente.
Il fatto che non presenti le solite !mille e mila” tessere, permette anche un setup in tempi non biblici.

Il gioco si basa fondamentalmente su un sistema di maggioranze e non può non richiamare alla memoria San Marco di Alan. “Ticket to ride” R. Moon e Aaron Weissblum, titolo dell’ormai lontano 2001.

I due titoli presentano di fatto non solo la stessa ambientazione, ma anche le stesse meccaniche e alcune similitudini grafico-componentistiche.

Nella foto accanto la componentistica di San Marco.

Detto questo i giochi sono comunque sufficientemente diversi per chi apprezza le sfumature per chi invece: “i giochi di piazzamento sono tutti uguali” prego passare oltre.
Un ultima curiosità la scatola mi ha invece creato un senso di déjà vu, per la notevole somiglianza per scelte cromatiche e stile a quella di Venedig di Klaus-Jürgen Wrede.

Nella foto accanto la scatola di Venedig.

La mano di Feld a mio avviso è chiaramente distinguibile, tre fasi di gioco suddivise in set di sub-azioni preordinate, il sistema di determinazione dell’ordine del turno ecc…

Le tre fasi sono, come sempre riportate sulla plancia di gioco e più precisamente nell’angolo in basso a destra.

Tuttavia si discosta un pochino dal suo standard, in prima battuta per la  grande linearità contrapposta alla consueta possibilità di fare punti in molti modi differenti.

Il sistema si basa sulla scelta multipla dei set di carte disponibili, ai quali poi si aggiunge la pesca di due carte coperte.
Innegabilmente l’ordine di turno è fondamentale per non doversi beccare i set più sfortunati.
Differentemente dai suoi altri giochi dove lo sforzo per essere primi è comunque accompagnato da un riconoscimento in punti, in questo caso è fine a se stesso.
C’è da dire però che l’ordine di turno decide anche gli spareggi in caso di egual numero di carte giocate, elemento da non sottovalutare assolutamente, spesso e volentieri infatti il bonus è attribuito proprio in base a quest’ordine.
Il fatto di pescare due carte coperte serve a renderlo un gioco non totalmente aperto nelle informazioni, cosa che minerebbe le fasi successive, nella lotta per aggiudicarsi le maggioranze di carte giocate.
Ad ogni carta, corrisponde un benefit, quindi il doge ci fa avanzare nella scala dell’ordine di gioco, la monetina ci fornisce i soldi necessari per utilizzare gli edifici, le gondole ci danno nuovi “omini”, “puzzillini”, “tripolini” (chiamateli come meglio credete), da piazzare successivamente sulla plancia, i mattoni ci faranno costruire edifici e così via.
Chi gioca più carte degli altri ottiene un bonus che solitamente segue la logica del: “un pezzo in più”.
Quindi se gioco più carte “soldino” di tutti diciamo ad esempio tre, prenderò quattro soldino ossia 3 + 1 di bouns.
Il bonus è in linea di massima sempre importante in quanto una monetina in più può sempre far comodo, così come piazzare un omino in più può fare la differenza, ma sicuramente il peso maggiore di questo bonus si fa sentire nel piazzamento di ponti e gondole.
In questo caso infatti è chi ha la maggioranza a decidere la posizione del piazzamento, con la possibilità quindi di fare il “bello ed il cattivo tempo”.

Gli edifici sono piuttosto importanti, anzi direi fondamentali, in quanto permettono di creare un piccolo motore di gioco senza il quale non si va avanti.

Questo è un punto un po’ delicato del gioco in quanto trovo che oltre a non essere molti per tipologia (12 suddivisi in quattro livelli per tre categorie), non siano tutti parimenti importanti.
Questo non significa per forza di cose sbilanciati, ma sicuramente alcuni sono più appetibili di altri.
Basti pensare che alcuni permettono di giocare con un numero maggiore di carte, incrementando esponenzialmente la possibilità di ottenere bonus e comunque di avere dei vantaggi immediati non di poco conto.
I modi di fare punti, come detto sopra, non sono molti.
Si ottengono punti per le monete e i trippoli rimasti (premio di consolazione), si ottengono punti per gli edifici costruiti (proporzionalmente al loro livello), il bonus di cinque punti per aver piazzato per primi un puzzillo in ogni distretto blu o giallo (tre per colore) e i punti per le maggioranze nei 6 distretti del gioco.
Mi allaccio a questo punto ai turni di gioco che sono per l’appunto 6, ossia uno per ogni distretto.
Ad ogni turno si possono piazzare, principalmente, trippoli su uno ed un solo distretto.
Dico principalmente perché poi con qualche “artificio” e qualche carta qualche omino può essere messo anche altrove, ma parliamo comunque del piazzamento principale.
Questo significa che se nel turno in corso non riuscite a piazzare gli omini, quel distretto è bello che andato.
Il fatto che il valore dei distretti non sia fisso, ma modulabile sulla base dei ponti e delle gondole che si piazzano sulla plancia è invece piuttosto interessante.
Offre sicuramente possibilità di forte interazione, con la possibilità anche di qualche bastardata, andando a ridurre il valore di distretti per noi non interessanti 😉
Si ha la sensazione che il gioco scorra via troppo velocemente e le possibilità di modifiche in corsa, siano veramente poche.
Il mio metro di riferimento della categoria è ancora una volta  El Grande, secondo me saldamente ancorato al trono.
I molteplici cambiamenti dei cubetti offerti dalla carte azione del capolavoro di Kramer e Ulrich qui è totalmente assente.
Questo si traduce in una mancanza di colpi di scena o stravolgimenti (chi ha detto Torre?) che tanto donano al gioco in termini di divertimento.

Rialto, come si può facilmente immaginare, non è totalmente deterministico, ma non ha neanche una componente aleatoria particolarmente fastidiosa.
I set di carte alla fine sono solitamente, per un verso o per l’altro interessanti, aggiungete la pesca di due carte coperte e la possibilità di modifiche offerte dagli edifici e avrete una certa sensazione di controllo.
Tuttavia quando proprio avete bisogno di una data tipologia di carte e queste proprio non escono, non è che ci si possa fare poi molto.
Poco possono anche i jolly, che vanno necessariamente giocati in accoppiata con le altre carte.
Per creare una nuova tipologia in alternativa servono due jolly che solitamente è una giocata sconveniente.
Come tutti i giochi di questa categoria, non è esente al 100% da fattore kingmaking e da il meglio di se in un numero elevato di giocatori, direi almeno quattro o cinque.
Il gioco è anche per due giocatori, ma mi sembra di aver capito che utilizzi una sorta di “dummy player”, che diciamoci la verità non è propriamente la soluzione più elegante.
Gioco bocciato quindi?
Assolutamente no. Come ho detto il gioco non è male.
Non mi piace attribuire voti numerici, ma in questo caso mi è d’aiuto, diciamo che un 7 rende bene l’idea.
Un titolo più che discreto pienamente nella media, ma non un capolavoro assoluto.
La grafica non è particolarmente accattivante, c’è anche da dire però che il prezzo non eccessivo (circa una trentina di euro) va in parte a far chiudere un occhio su questo aspetto, ovviamente per quelli che non mettono la grafica al primo posto.

Grafica funzionale quanto volete e la grafica non è mai stata il punto di forza dei titoli di Feld, ma in questo caso siamo quasi ai minimi termini (date un po’ un’occhiata al dettaglio della plancia e giudicate direttamente).
Intanto che stiamo parlando di grafica mi raccomando, se decidete di acquistate il gioco procuratevi direttamente le bustine protettive perché le carte vanno mischiate ripetutamente nel corso della partita, per formare i vari set di carte.
Il gioco è totalmente indipendente dalla lingua fatta esclusione per il manuale.
I simboli sono molto chiari e facilmente leggibili ed essendo pochi gli edifici, non avrete difficoltà nel memorizzare gli effetti.
Il gioco non si è negato il vezzo delle plance individuali, veramente di moda di questi tempi, ma in questo caso sono esclusivamente un contenitore per i nostri edifici, soldi e trippolini, nulla di indispensabile quindi.

Quando si parla di Feld le aspettative sono sempre molto alte e ci si aspettano titoli di una certa profondità e complessità.
Questo semplicemente non è uno di questi, quindi è necessario un cambio di prospettiva.
Voglio dire se prendete come termine di paragone un “In the Year of the Dragon” o un “Bora Bora” e questa è la tipologia di gioco che state cercando, probabilmente resterete delusi.
Se invece cercate un gioco più veloce ed immediato, ma non per questo banale, tipo un “Ticket to ride” tanto per intenderci (per durata e complessità ovviamente, non per tipologia di gioco), potreste rimanerne piacevolmente sorpresi.
Il gioco richiede circa un oretta per essere giocato in quattro, quindi un tempo veramente contenuto.
Anzi forse pure troppo, quando sarete attorno al terzo turno e quindi a metà partita vi verrà da dire: “cavolo fra un po’ il gioco è finito ed io non ho ancora fatto niente…”
Nel classificarlo un Feld light, ho richiamato Strasbourg, termine di paragone nemmeno tanto “pellegrino”  in quanto sostanzialmente, per alcuni aspetti anche Rialto ci propone una sorta di Aste.

Molto mascherato, ma pur sempre aste, di fatto si offrono dei quantitativi di carte per aggiudicarsi dei vantaggi e il miglior offerente guadagna il bonus (non è un caso che alla voce meccaniche di Bgg compaia la dicitura Auction/bidding).
Adesso che mi ci fate pensare il fatto che si giochino dei set di carte per piazzare qualcosa non rende così “pellegrino” nemmeno il richiamo di “Ticket to ride”…
Ok, forse adesso sto lavorando un po’ troppo di fantasia… 😉
Se non cercate un gioco spaccacervelli, ma un titolo di “hand management” e “area control” per passare un’oretta con un livello di sfida tutto sommato soddisfacente, Rialto potrebbe non essere una scelta sbagliata.

Il gioco è disponbile come sempre su Egyp.

— Le immagini sono tratte da BGG. Tutti i diritti sul gioco appartengono all’Autore ed alla Casa editrice. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

Bora Bora – Recensione

scritto da polloviparo.

Bora Bora, grande assente all’ultima fiera di Essen, si è fatto attendere, ma ora possiamo affermare che la  lunga attesa è stata premiata.

Chi di voi non ha mai provato ad abbozzare qualche gioco proprio? Chi non ha mai fatto qualche scarabocchio su di un foglietto con penna o matita, accennando a qualche meccanica.?
Beh io l’ho fatto e anche più di una volta. Era da diverso tempo che i miei sforzi si concentravano sul riuscire ad utilizzare i dadi con un sistema di worker placament, in cui il valore del dado decretasse l’ampiezza dell’azione e il valore limitasse in qualche modo le possibili giocate degli altri.
Vi ricorda qualcosa? A me sinceramente sì… 😉 Capirete la mia grande sorpresa quando ho letto di Bora Bora; se i miei tentativi erano rimasti semplici bozzetti su fogli di carta sparsi, Feld si era cimentato in qualcosa di analogo!
Per la grande fiducia che ripongo nell’autore e anche curioso di vedere come aveva risolto diverse problematiche in cui mi ero imbattuto, ho acquistato Bora Bora a scatola chiusa senza nemmeno leggere il regolamento.
Non essendo la prima volta che Feld metteva alla prova se stesso con un uso alternativo dei dadi, si vedano ad esempio Macao e Castle of Burgundy, non avevo dubbi sulla reale possibilità di acquistare un buon titolo.
Cosa dire la mia fiducia è stata ben riposta, Bora Bora si è rivelato un titolo forse addirittura migliore delle mie aspettative.

In cosa consiste il gioco

Chi ha letto altre cose scritte da me, sa che non mi piace dilungarmi troppo sulla descrizione del regolamento (è possibile leggere un’ottima sintesi del flusso di gioco nell’anteprima scritta da Chrys qui), per concentrarmi maggiormente sulle mie impressioni personali.
Come ormai noto, o per comunque per capire di cosa parliamo se non avete letto niente in proposito, si tratta di un gioco, come anticipato in premessa, che coniuga il worker placament con l’utilizzo dei dadi.

 Ogni giocatore ne ha a disposizione tre, del proprio colore; questi sono utilizzati per opzionare le azioni su di apposite tessere.

Colgo subito l’occasione per segnalare che il numero delle azioni possibili, varia in funzione del numero dei giocatori.
Riducendo questo valore, si ha una “fusione” di alcune di queste tessere, così se in più giocatori avremo una tessera per le espansioni via mare ed una per quelle via terra, in meno giocatori avremo un’unica tessera per entrambe, discorso analogo per quelle che permettono di acquisire un uomo o una donna.
Questo espediente si è rivelato efficacissimo, offrendo un ottima scalabilità, senza mortificare il gioco con espedienti quali “dummy player” che mettono dadi casuali sulle azioni possibili.
Ma torniamo al sistema di piazzamento dei dadi. E’ possibile giocare un dado su una data azione, solamente se questo ha un valore inferiore a quelli già piazzati su quella stessa azione.
In  “mitigazione” di questa scelta, che se applicata troppo rigidamente avrebbe rischiato di inceppare il meccanismo, abbiamo la classica azione senza limitazioni di sorta che attribuisce due punti e la possibilità di utilizzare apposite carte (dei) che rimuovono la limitazione.

Il gioco utilizza, come la moda attuale richiede ed in aggiunta alla plancia centrale, plance di gioco individuali. Fortunatamente si tratta sostanzialmente di una sorta di riepilogo generale di cosa si può fare con determinate azioni, dei modi di fare punti a fine partita, dell’utilizzo delle carte, ecc…. oltre che ad una sorta di “organizer” per le proprie capanne e per le tessere uomo /donna acquisite, risorse, ecc….

Dico fortunatamente, perché molti giochi che oggi usano le plance individuali, prendono sempre più la connotazione di solitari multi giocatore, in cui ognuno è impegnato in operazioni di “micro management” sulla propria scheda, curandosi poco o quasi nulla degli altri partecipanti al tavolo.

In Bora Bora l’unica attività individuale che si compie sulla propria plancia, a parte quella di “shiftare” uomini o donne verso il basso per attivarli, è data dal “sotto gioco” di costruzione che richiede un incasellamento degli edifici alla Tetris.
Se potevo avere una perplessità sul gioco era legata proprio a questo aspetto.
In Trajan, ad esempio, gioco che comunque mi è piaciuto molto, trovo che il meccanismo del mancala concentri molto su di  se l’attenzione dei giocatori.
Scopro così che questo nuovo titolo di Feld, ha un alto livello di interazione, soprattutto di tipo indiretto.

Partiamo dal sistema di piazzamento dei dadi. Un alto valore offre normalmente un azione migliore rispetto alle altre; dato che in linea di massima i valori inferiori al risultato sono sempre utilizzabili, avrò un più ampio ventaglio di scelta (scelta tessere uomo/donna, espansione) un posizionamento migliore (tempio) o la possibilità di acquistare un maggior numero di risorse (carte, favori agli dei, tatuaggi, conchiglie, ecc…)

Tuttavia un valore basso, mi permette di “bloccare” un azione agli avversari o quantomeno di obbligarli ad utilizzare una carta ed un favore (sempre che ovviamente ne posseggano una del colore richiesto)..
Abbiamo poi l’interazione nel tempio con la possibilità di spingere fuori i sacerdoti avversari.
Abbiamo la possibilità tramite i tatuaggi di lottare per l’ordine del turno, fondamentale nell’acquisizione delle tessere migliori (acquisto dei gioielli, obiettivi).
Abbiamo la possibilità di scegliere per primi le tessere uomo/donna acquisendo le migliori o comunque quelle più importanti per altri giocatori.
L’espansione delle capanne  nelle isole necessita invece di un ragionamento a parte.
Vicino ad ogni regione si trova un gettone pesce che fornisce punti a fine partita.
I punti variano da un minimo di 1 ad un massimo di 6. Si tratta di un bel quantitativo di punti che non può essere assolutamente ignorato.
Quindi se gli avversari puntano sull’espansione occupando le regioni più interessanti in questo senso, saremo costretti quantomeno ad occuparle anche noi per non creare un gap di punti difficilmente colmabile in seguito.
In questo caso non ci si pesta comunque i piedi perché comunque ogni regione può ospitare più di una capanna.
Molto importante invece collocare correttamente le risorse sulla plancia individuale per la futura edificazione, stando attenti a non lasciare dei “buchi”.

Materiali
Un’altra sorpresa davvero piacevole sono stati i materiali di gioco. Il peso della scatola da subito aveva lasciato intuire se non la qualità, quantomeno la quantità del contenuto!!!
Abbiamo una bella plancia centrale di dimensioni comunque non eccessive, plance individuali belle robuste (non i fogli in carta velina incontrati ultimamente in alcuni giochi) casette e tripolini in legno ed una marea (sì direi che in questo caso marea è la parola più azzeccata :P) di tessere.
Tessere comunque di buono spessore e di adeguate dimensioni, danno idea di robustezza e i simboli si leggono correttamente.
Fortunatamente non si tratta delle tessere sottili e con finitura lucida viste in Macao e in Castle of Burgundy, di qualità decisamente inferiore.
I simboli presenti sulle carte e sulle tessere fanno sì che il gioco risulti totalmente indipendente dalla lingua.
Avevo paura che si trattasse della solita marea di simboli da imparare, che ad esempio in Burgundy è quasi proibitiva, mentre invece ho scoperto che i simboli sono abbastanza “ciclici”.
Ossia cambia ad esempio l’oggetto da collezionare, ma il metodo di lettura rimane analogo.
Il tutto si riduce ad un numero molto limitato di simboli da imparare e già alla seconda partita tutto fila liscio, senza la necessità di consultare continuamente il manuale.
Le schede di riepilogo presenti sulle plance individuali poi aiutano molto in questo senso.
Scalabilità
Il gioco è per 2-4 giocatori. Faccio fatica ad immaginarlo con un giocatore in più, perché temo che il gioco si allungherebbe eccessivamente.
Quindi ritengo il ventaglio, seppur non dei più ampi, adatto al gioco in questione.
La scalabilità è ottima e funziona bene tanto in due quanto in quattro. Come ho scritto sopra il sistema di accorpamento delle azioni, si comporta davvero egregiamente.
Siamo quindi di fronte ad un 2-4 reale e non fittizzio.
Ho già avuto modo di provarlo in tutte le configurazioni possibili, cioè in due, tre e quattro giocatori.
A me ha pienamente soddisfatto in tutte.
All’aumentare del numero dei giocatori, il tutto diventa più impegnativo e le possibilità di vedersi un azione bloccata risultano notevolmente incrementate.
C’è da dire che la non esclusività del posizionamento delle capanne e la riduzione del numero delle tessere obiettivo (proporzionalmente al numero dei giocatori) contribuiscono a non alterare l’esperienza di gioco.
In definitiva le partite con più giocatori richiederanno un pelino di tempo e qualche neurone in più, probabilmente farete qualche punto in meno, ma il divertimento e l’esperienza di gioco sono valide con qualsiasi numero di giocatori.
Considerazioni personali
Le considerazioni personali in linea di massima le ho già espresse nell’ambito di quanto scritto sopra.
Credo sia ormai chiaro che questo titolo di Feld mi ha letteralmente entusiasmato.
Quella qualche perplessità che potevo, nutrire fortunatamente si è dissolta come una bolla di sapone.
Avevo paura che i materiali non fossero all’altezza e invece così non è stato.
Le tessere e le schede sono di uno spessore adeguato e io trovo gradevole e ottimamente funzionale anche la componente grafica.
Nulla che faccia gridare al miracolo certo, ma nemmeno di pessima qualità.
Una volta che il gioco è “spiegato” sul tavolo il colpo d’occhio è comunque positivo.
L’ambientazione quando si parla di Feld è un aspetto secondario, ma in questo caso l’ho trovata se non esclusiva, quantomeno coerente ( i punti si fanno costruendo capanne, pescando, ecc…)
E proprio alla questione punti dovremmo rivolgere il prossimo pensiero.
Come in ogni gioco di Feld che si rispetti, sono presenti un numero importante di “layer”.
Il gioco si articola su diversi livelli con giochi e sottogiochi e le possibilità di far punti sono davvero molteplici.
In questi giochi solitamente la difficoltà sta nel fatto di fare in modo che tutte le strategie siano parimenti appetibili e perseguibili per far punti.
Una strategia dominante rischia di sbilanciare il gioco e rovinare l’esperienza.
E qui esce il vero talento di Feld.

Al termine della partita ti rendi conto delle cose che hai trascurato e di quanti altri modi avresti avuto a disposizione per fare punti.

Questo ti invoglia a rigiocare di nuovo il gioco, tentando nuove strade e provando nuove strategie a tutto vantaggio della rigiocabilità.
Tutto comunque è importante: l’espansione perché da molti punti, i tatuaggi perché determinano l’ordine di turno, le conchiglie perché permettono di acquistare gioielli, i sacerdoti perché oltre ai punti forniscono dei jolly spendibili senza favori…
Insomma si vorrebbe fare tutto, ma la coperta è di quelle corte, anzi cortissime.
I dadi sono solo tre e non c’è modo alcuno di incrementare tale valore.
Non dimentichiamoci degli obiettivi da realizzare che richiedono di indirizzare le proprie scelte verso determinate strategie.
Se devo collezionare un certo numero di gioielli dovrò obbligatoriamente puntare alle conchiglie…
Su questi mi permetto l’unica riserva, in quanto ho avuto l’impressione che alcuni fossero più facili di altri da realizzare.

Un conto è avere due carte dello stesso colore in mano o avere tre capanne in gioco, tutt’altro possedere le capanne in corrispondenza di tre specifici pesci, specie se posti agli antipodi gli uni rispetto agli altri, o possedere certi specifici gioielli.

Fortunatamente è prevista una carta che aiuta riducendo il numero di oggetti necessari.
Oltre alla voglia di provare nuove strategie, la variabilità dell’ordine con cui gli elementi entrano in gioco (le tessere sono pescate in modo casuale) assicura al titolo un’ottima rigiocabilità.

Se proprio mi devo sbilanciare, ho avuto l’impressione che non si possano assolutamente trascurare le capanne adiacenti ai pesci che danno più punti, i sacerdoti sono un ottimo investimento perchè danno punti costanti (finchè non scalzati) e assegnano un jolly, specialmente dal terzo turno in poi, l’ordine di gioco è fondamentale per assicurarsi gli obiettivi più convenienti e di conseguenza mai trascurare i tatuaggi.
Fra gli uomini e le donne ho trovato fondamentali quelli che permettono azioni extra come costruire o procurarsi altre tessere senza utilizzare il dado, che specie se utilizzate con il “2x” possono fare la differenza.
I gioielli invece li vedo meno incisivi.
Dire che il gioco è esente da fortuna, quando sono presenti dei dadi suonerebbe forse eccessivo è però vero che i risultati dei dadi sono totalmente controllabili e vuoi perché si possono usare in cento modi diversi o vuoi perché ci sono delle carte che in un modo o nell’altro ti aiutano a correggere il tiro.
Ho trovato che l’ordine di turno in Bora Bora sia molto importante, specie se si hanno dei dadi di valore alto da piazzare, quindi sempre meglio non rimanere troppo indietro.
Il molto materiale può fare sicuramente la gioia degli appassionati, occorre tenere presente però che poi il tutto si traduce nella necessità di un tavolo di dimensioni generose e in tempi di setup importanti.

E’ veramente d’obbligo tenere separate tutte le tessere quando riponete il gioco nella scatola, perchè una cattiva archiviazione vi porterebbe a tempi di preparazione che non voglio neanche immaginare.
La spiegazione del regolamento si rivela piuttosto semplice, a voler essere scrupolosi direi che una mezz’oretta dovrebbe bastare.
Il gioco mi sento di dire che è assolutamente indicato per gamers o quantomeno per persone con un minimo di esperienza ludica (esperienza nel senso che hanno provato altro e non è il loro primo gioco!).
Non tanto per una difficoltà eccessiva del gioco, quanto per la moltitudine di strategie possibili e per le mille cose da tenere sotto controllo.
Il gioco mi è sembrato più tattico che strategico e penso che sia bene stabilire sin dall’inizio su cosa puntare.
Come ribadito più volte impossibile fare tutto, quindi meglio programmarsi un percorso principale, cercando di non perdersi in mille sentieri secondari.
Mi ha dato anche l’impressione di non perdonare più di tanto… gli errori si pagano tutti.
Penso che un giocatore non abituato a questo tipo di cose potrebbe uscire “ubriacato” dalla spiegazione del regolamento e temo che se proposto con lo spirito di avvicinare qualcuno al mondo dei giochi da tavolo, possa accadere di ottenere l’esatto contrario, ossia il rischio di allontanarlo spaventandolo è concreto!
Per i gamers invece un gioco capace di regalare grandi soddisfazioni.
Le molte strategie possibili daranno molto da pensare a questi ultimi, tanto che eviterei di giocarlo con giocatori eccessivamente pensatori…  sicuramente il rischio di paralisi da analisi è dietro l’angolo.
Il downtime di per sè fra un turno e l’altro è molto ridotto, si gioca un dado a testa a turno e si compie immediatamente l’azione, ciò che dilata i tempi sono proprio i momenti di analis su quale sia la giocata migliore.
Ovviamente bisogna trovare il giusto compromesso fra analisi ed istinto, perchè se vi mettete a considerare tutte le variabili non se ne esce davvero più.
Detto questo difficile rimanere entro i 90 minuti proposti dalla scatola, anche perchè pur conoscendo benissimo le tessere, i tempi del “pensiero”, a meno di non giocare a caso, sono difficilmente “imbrigliabili”.
Nel mio caso le partite a 2 e 3 giocatori sono durate circa 120 minuti e quella in 4 ha richiesto forse una mezz’oretta in più.
Una nota interessante nella partita a tre giocatori la partita è terminata con 2 punti di distacco fra il primo (IO IO IO!!!) ed il secondo e 2 punti di distacco fra il secondo ed il terzo, qualora ci fosse ulteriore bisogno di testimonianze sull’ottimo bilanciamento.
Tenete presente che ognuno ha puntato su cose diverse!
Altra nota interessante è che nella stessa partita tutti e tre abbiamo realizzato tutti e nove gli obbiettivi (cosa neanche lontanamente sfiorata nelle altre partite).
A proposito ritengo che una buona conoscenza di queste tessere, renda più indirizzabile la propria partita.
In tutte, indipendentemente dal numero di giocatori, sono stati superati abbondantemente i 100 punti.

Come ha già giustamente evidenziato Chrys un gioco che non deluderà gli appassionati di Feld e probabilmente non farà cambiare idea agli altri.
Io trovo sia una delle sue opere più riuscite e mi aspetto che raggiunga una posizione importante nella classifica di Bgg!
Qualcuno ha parlato di trilogia dei dadi, ossia: “Macao”, “Castle of Burgundy” e “Bora Bora”.
La cosa interessante è che ognuno dei tre titoli, mostra un uso alternativo e differente dei simpatici (o antipatici il più delle volte 😉 ) cubetti a sei facce.
Non credo che si possa parlare di trilogia, anche perchè i titoli sono totalmente slegati fra di loro e sento che Feld non ha ancora terminato di sperimentare in questo senso.
Bora Bora, probabilmente anche per collocazione temporale, è più vicino come feeling a Castle of Burgundy che non a Macao.
Se comunque vogliamo parlare di trilogia, per mio gusto personale Bora Bora è il migliore del “terzetto”!

I ragazzi di Uplay.it si sono assicurati la distribuzione dell’edizione contenente il regolamento in italiano, davvero un bel colpo!

Se interessati il gioco è disponibile su Egyp.

— Le immagini sono tratte da da boardgamegeek. Tutti i diritti appartengono agli Autori ed agli Editori del gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. –