Quattro chiacchiere con Guido Favaro (Ristorante Italia)

scritto da Fabio (Pinco11) – intervista a Guido Favaro (MoCS)

Pochi giorni fa parlavamo insieme dell’ultima uscita della Red Glove, ossia Ristorante Italia, titolo che ha goduto, nella sua realizzazione, di un team tutto italiano (del resto il titolo poco di diverso poteva farci attendere), essendo nostrano sia l’editore (carrarino), sia gli autori (Guerra – Guerra – Mutta), sia l’artista che ha ottimamente illustrato la componentistica, ossia Guido Favaro il quale, anche nostro lettore (spesso celato sotto lo pseudonimo di MoCS), ha accettato di aprirsi per un colloquio in amicizia con noi, svelandoci in questo modo qualche informazione legata allo sviluppo della grafica nei giochi da tavolo.
Ricordo che il buon Guido è reduce ora dalla realizzazione di tre lavori nel campo dei boardgames, avendo illustrato prima di Ristorante Italia anche Jerusalem e De Vulgari Eloquentia, tutti prodotti la cui veste grafica è stata piuttosto apprezzata. Bene, prima di tutto lascio la parola a lui per le classiche presentazioni di rito.
R: Ciao Fabio, ciao a voi tutti! Seguo il tuo blog da sempre (ovvero dal suo primo giorno di vita online) e sono ben felice di partecipare ora come intervistato (e mi rileggerò poi online ;-)). Solo una piccola precisazione nella tua presentazione:  per De Vulgari Eloquentia ho realizzato solo la copertina. Tutto il resto (tabellone, tessere ecc.) è stato realizzato da altri. Per Red Glove invece, quest’anno (è stato presentato anch’esso a Lucca 2011) ho realizzato anche tutta la veste grafica di Lumacorsa. Ci tengo a dire che quest’anno ho anche illustrato il manifesto di GiocAosta 2011, soprattutto perché la scorsa edizione l’ha illustrato Marie Cardouat (Dixit), mica pifferi 😉 That’s all!
Direi che si tratta di lavori che sono letteralmente sotto gli occhi di tutti, visto che i titoli in questione hanno avuto (e/o stanno avendo) una buona diffusione. Bene, andiamo subito al dunque, nelle nostre quattro chiacchiere virtuali: tu sei autore della grafica dei giochi di cui abbiamo parlato, ma quello che si nota è la significativa differenza di ‘tratto’ tra di essi. Ci puoi dire il perchè (anche se immagino che la cosa dipenda molto dagli editori) e come si riesce di lavoro in lavoro a modificare così tanto il proprio stile ?
R: Bella domanda! Ho sempre sviluppato le mie caratteristiche di segno e di disegno in modo tale da adattarmi a diverse tipologie di richieste; ho lavorato in tanti settori, con diverse competenze, da art director a illustratore di libri per bambini e ragazzi, dai prodotti televisivi (qualcuno ricorda Stellaris su RaiUno? bè, i disegni erano miei) fino ai fumetti (Lupo Alberto)… 
Questo ha probabilmente sviluppato la mia attitudine ad adattarmi a stili diversi. Anche il corso di formazione in Illustrazione (che ho fatto mille anni orsono, ormai ;-)) presso lo IED, mi ha portato a questa formazione professionale (la scuola formava l’illustratore in modo tale che fosse in grado di affrontare qualunque stile con qualunque tecnica pittorica – la computer grafica aveva appena fatto capolino: favolistico, realistico, figurativo, scientifico ecc.).
In ogni caso uno stile mio ce l’ho eccome: è più o meno quello di Ristorante Italia, anche se il mio vero e proprio stile personale è ancor più “personale” (sul Ristorante abbiamo strizzato più di un occhio ad una grafica molto gradevole e riconoscibile, di facile lettura e colorata). E in barba ai precetti dello IED, oggi lavoro soprattutto con il mio fidato amico pc e la mia compagna di scorribande Wacom (la tavoletta grafica, per i non addetti).
Quindi, riassumendo, per me non è difficile modificare lo stile. E mi piace poter elaborare cose nuove, con suggestioni grafiche diverse, magari mutuando o prendendo spunto da stili (come la copertina di De Vulgari Eloquentia, in cui mi sono ispirato allo stile pittorico dell’affresco del 1200  e ho cercato di ricrearne anche la tecnica). Ora sto lavorando su un progetto top secret con grafica decisamente molto particolare, elegante e “ispirata”. Ma ne avrete notizie 😉
Riguardo agli editori, è chiaro che hanno richieste diverse: ma con Red Glove ad esempio, visto il successo che sta avendo Ristorante Italia, stiamo seguendo una linea grafica di quel tipo (con cui mi trovo decisamente molto a mio agio).
Quanto del lavoro del grafico di un gioco da tavolo è libertà e quanto invece deve lavorare nei binari posti dall’editore ? Ci puoi dire come hanno funzionato le cose, per esempio, in Ristorante Italia, per il quale già mi hai accennato al fatto che hai avuto in un certo senso ‘mano libera’ nell’avvicinarti al tuo stile preferito ?
R: Con Federico (Dumas, Red Glove) ho lavorato e lavoro benissimo. Non è retorica, e mi smarco da qualsiasi piaggeria. Lo scrivo perché è veramente difficile trovare sintonia con un editore: spesso è troppo invasivo, o al contrario assolutamente assente. Federico invece applica quella regola che riconosco in pochi ma che dovrebbero conoscere e riconoscere in tanti e cioè: sto sborsando dei soldi per avvalermi delle tue competenze, quindi perché mai dovrei decidere io cosa fare o peggio ancora cercare di farlo io? Insomma, se andiamo dal dentista, non è che ci mettiamo a discutere su cosa è meglio fare con quella carie; si ascolta, ci si consulta, e poi lui esegue il lavoro. E se è bravo, lo esegue molto bene 🙂 
Di fatto si parte con uno scambio spesso fumosissimo via telefono. Tutti sanno che spiegare giochi non è semplice, è quasi un mestiere. Quindi capire la spiegazione (spesso con una gracchiante connessione skype, tra 10 mail e il lavoro che intanto va avanti) di un gioco mai visto né sentito… bè non è facile. Vi dico solo che il primo regolamento che ho ricevuto per sviluppare la grafica di Jerusalem era intitolato “Le Torri di Pisa” e descriveva “Lotte per il potere nella vecchia Pisa intorno al XII secolo. Il fiume Arno è determinante per il controllo della città: e chi avrà la torre più alta della città?….” Bè, alla fine almeno la torre più alta è rimasta :). Però con un bravo editore paziente, disponibile e soprattutto lungimirante, si supera tutto. (O forse la cosa migliore può essere “essere editori di sé stessi”!)
Restiamo su Ristorante Italia, perchè è uno dei tuoi ultimi lavori, prendendolo un pò ad esempio per capire come funziona il tuo lavoro, a livello di progressione e parliamo delle fasi della produzione grafica: da dove sei partito ? Quali fasi ha vissuto la realizzazione della veste grafica complessiva: sei andato avanti più a piccoli blocchi o tutto insieme ? Come sono state implementate eventuali modifiche ?
R: Di solito parliamo per telefono, come descrivevo prima;  mi viene più o meno spiegato il regolamento e descritti i componenti del gioco (carte, tessere, plance, monete, ecc.); mentre ricevo queste info sono in piedi davanti alla parete “affrescata” dai gdt che possiedo; da lì comincio a spaziare con lo sguardo (è una bella collezione, ve lo assicuro :P) e a vagliare la tipologia grafica da cui si può partire: realistica, cartoon, a tinte piatte, moderna, che riprende particolari stili e tecniche pittoriche… 
Quindi lo segnalo all’editore, e se non conosce il gioco o i giochi in questione gli invio il link delle immagini (bgg in questo è la miglior risorsa al mondo).
Per Ristorante Italia ero avvantaggiato: avevo giocato al prototipo in quel di Giocaroma (mi pare 2009) e gli autori  avevano in mente uno stile tipo TinTin (il personaggio dei fumetti creato dal francese Hergé); per capirci linea chiara, tinte decisamente piatte e senza colori troppo forti. Ho capito subito che in realtà a loro piaceva una grafica “cartoon” ma che non fosse esageratamente fanciullesca, e il risultato finale è stato quello che vedete. Un compromesso tra lo stile cartoon leggero e un tipo di illustrazione che oggi va per la maggiore, spesso utilizzata dagli editori d’oltralpe.  
Il processo lavorativo sempre quasi sempre lo stesso iter: si lavora su un bozzettaccio del tabellone fatto al volo con photoshop, in cui metto tutti gli ingombri: si parte sempre da una griglia per impaginare tutti gli elementi del tabellone. Stessa cosa si fa per le plance giocatore (se previste nel gioco). Dopodiché si realizzano le matite, si inviano all’editore per l’approvazione e poi si colora. Fine. Semplice, no? 🙂
Per tutto il resto (carte, tessere, monete ecc.) si segue la stessa procedura, ma in questo caso essere degli appassionati di board game aiuta assai: il vantaggio nel saper trovare rapidamente la soluzione pratica alla visualizzazione grafica di un’icona o di un simbolo non ha prezzo!
Il grafico di solito (e poi nel tuo caso) è più un gamer / game designer, che cerca di  dare la miglior veste possibile al gioco, oppure un artista che semplicemente vede ospitate le sue opere in casa di qualcuno (tipo un pittore che affresca una parete di una stanza progettata da un architetto) ?
R: come suddetto, nel mio caso l’editore sfrutta (e fa bene) la mia passione. Ha il suo vantaggio ad avvalersi di un “problem solver” per quello che riguarda iconizzazione o semplicemente impaginato di un gdt. Credo che comunque la risposta alla tua domanda stia nel mezzo: in un libro illustrato spesso non si hanno vincoli di spazio e solitamente l’immagine si sviluppa piuttosto liberamente nella pagina (a meno che non sia vincolata da ingombri molto rigidi del testo, ma di solito si ha a disposizione un bel box orizzontale o verticale per l’illustrazione). 
In un gdt, invece, è un po’ come decorare una parete in cui devi  tenere presente che c’è una finestra, la libreria, la mensolina, la porta ecc. Insomma, gli ingombri sono ben presenti e vanno rispettati. In più devi essere in grado di rendere il tutto più originale possibile, dandogli appunto la miglior veste possibile. Insomma, è un po’ come creare un bel vestito ogni volta diverso su una modella ogni volta di taglie e misure diverse 🙂

Per chiudere, andiamo a parlare in generale del settore dei giochi da tavolo. Penso che ultimamente si stiano facendo strada due tendenze opposte, ossia da una parte quella ad una estrema cura nella grafica (in questo senso la strada penso che la abbia un poco aperta ‘I Pilastri della Terra‘, seguito poi da Stone Age, ed un fiume di altri, come anche Drum Roll), mentre dall’altra abbiamo una scelta, quasi ‘snob’ di quasi disinteresse per l’occhio, per privilegiare invece le dinamiche di gioco (parlo di presunte ‘prove d’autore’ come Merkator, Burgen von Burgund, Trajan e via dicendo). Che ne dici ?  

R: dico che il mondo è bello perché è vario. È una banalità, ma è così vero! A me piace tutto e lo sanno bene i miei amici che spesso mi scoprono qualche nuovo giochillo di carte a due colori (spenti e tristi ;-)) o con le carte disegnate da un autore birmano sconosciuto ai più: ammiro molto la ricercatezza nello stile minimal, forse proprio perché io sono l’esatto contrario e rasento l’horror vacui (ho una totale incapacità di lasciar un solo pezzetto libero dal disegno nelle tavole). In ogni caso ci deve essere sempre una scelta grafica. Si vede subito quando una cosa è raffazzonata e tirata su con l’aiuto del cugino-grafico-per-hobby e quando una cosa ha volutamente l’eleganza del minimalismo o una particolare ricercatezza e asciuttezza grafica.
In ultimo, vorrei sfatare un po’ il mito dell’illustrazione alla Menzel (l’illustratore di Pilastri, che tu hai citato) o alla Vohwinkel: l’illustrazione non è fatta solo di belle forme sfumate, paesaggi realistici e scene a volo d’uccello: illustrazioni come quelle di Horse Fever sono fantastiche e spesso c’è molta più ricerca di stile in un gioco di quel tipo piuttosto che nell’ennesimo (bellissimo ci mancherebbe: compro tutti i giochi illustrati da quest’uomo) tabellone di Menzel, che è un bravissimo mestierante ma con uno stile molto standard seppur impareggiabile e di grande manualità; ma quello stile adotta e sempre quello adotterà. 
In Drum Roll c’è invece ancora un’ulteriore accezione: lì siamo di nuovo nella ricerca, in un’ispirazione e tipologia grafica molto particolare (e anche un po’ sofisticata, per certi versi). Tutta la grafica del gioco infatti si rifà ai manifesti dei circhi “fin de siecle” ed è molto ben risolto. Mi è piaciuto l’uso dei colori vivaci e lo stile grafico un po’ chiassoso (ma ben chiaro nel template grafico e nell’iconizzazione). Dal punto di vista dell’illustrazione è veramente  un bel lavoro,  e son stati molto astuti nello sfruttare una tipologia grafica già preesistente che ambienta perfettamente il gioco. Ecco, quest’ultima cosa secondo me ci deve stare spesso.
Poi potrei citare le illustrazioni di Mare Balticum fatte con la plastilina, ma siamo qui per parlare di me, no? 🙂 (PS: c’è un editore disposto a farmi realizzare un gdt in tecnica decoupage o collage? io ci sto!)

Bene, siamo arrivati alla fine di questa lunga chiacchierata virtuale con l’amico lettore Guido Favaro, che spero non vi abbia troppo annoiato, ma se siete arrivati sin qui a leggere non lo credo 😉
Ringrazio Guido per la sua gentilezza e gli diamo appuntamento, sicuramente, per la sua prossima lavorazione !!!

p.s. voi che ne dite invece riguardo all’importanza del fattore grafico nei giochi? Siete di quelli che vogliono veder soddisfatto soprattutto l’occhio o invece badate soprattutto al sodo (le meccaniche)? E lo stile: preferite vedere sul tabellone i paesaggioni stile dipinto, disegnotti colorati tipo manga o siete alla ricerca di stili personalizzati?

— Le immagini sono state fornite dall’autore o tratte dal sito della casa (Red Glove), ai  quali appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco e saranno rimosse su semplice richiesta —