I giochi di allineamento

scritto da Fabio (Pinco11) – Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista online ‘Il fogliaccio degli astratti‘, numero 56, che trovate qui.

Un pò tutti a scuola, alle elementari, abbiamo sperimentato più o meno a lungo il tris, ovvero ragionevolmente il primo gioco astratto con il quale ognuno si  confronta durante la propria infanzia. Più o meno rapidamente se ne comprese tutti la soluzione e si passò ad altro per occupare i momenti di noia durante le lezioni, sia esso la battaglia navale od il livello successivo del tris, ossia il forza4 o ‘quater’ o come dir si voglia, sempre rigorosamente su carta.
Il tris costituisce quindi per molti il primo contatto con il mondo degli astratti e ciò, anche se poi tradizionalmente dama e scacchi vanno ad occupare il posto di titoli simbolo del settore per la maggior parte delle persone, lascia la sua traccia, contribuendo la cosa a solleticare la curiosità di ognuno quando ci si trovi davanti a titoli che condividano con il menzionato progenitore la meccanica base, ovvero il principio dell’allineamento di pezzi.
E’ con lo spirito di contribuire ad ampliare gli orizzonti di chi legge e di far presente come questo filone sia tutt’altro che morto, dimostrando anzi una bella vitalità, che presento qui una veloce carrellata di titoli accomunati appunto dalla loro familiarità con il lontano parente (cugino, padre o nonno che sia) tris.

Il primo titolo che propongo è il più vicino al progenitore tris, ovvero Minljeff, di Andy Hopwood, che ha ricevuto il premio di miglior astratto alla UK game Expo del 2010. Il gioco si svolge qui su di una griglia 4×4 e lo scopo dei giocatori, i quali ricevono ognuno otto pezzi del proprio colore, è quello di comporre più tris possibili di propri pezzi allineati. Vi starete chiedendo se l’autore abbia scoperto l’acqua calda e vi rispondo che piuttosto ha trovato l’uovo di Colombo, nel senso che per rendere intrigante il gioco è stata inserita una semplice regola, ossia che sugli otto pezzi che ognuno riceve sono presenti incisioni raffiguranti quattro simboli diversi (due pezzi per ogni simbolo) e che ognuno, piazzando il suo pezzo, costringe l’avversario a collocare il proprio rispettando un certo vincolo indicato dal simbolo (esempio: l’avversario potrà collocare il prossimo pezzo solo nelle caselle adiacenti, o solo in quelli in diagonale o in orizzontale rispetto al pezzo piazzato). 
Ciò implica la possibilità di elaborare strategie legate al riempimento del piccolo tabellone, nonchè forzare mosse o addirittura costringere l’avversario a passare per mancanza di possibilità di piazzare rispettando le regole. Altra ideuzza proposta, per aumentare la longevità, è quella legata alla possibilità di giocare su di una griglia irregolare, visto che il 4×4 del gioco base è ottenuto accostanto i 4 pezzi da 2×2 che sono forniti. Il gioco è in legno e si può pensare anche di utilizzare più set per ottenere una esperienza di gioco più complessa, tuttavia vi assicuro che, pur nella sua semplicità, è un titolo che sicuramente dà da pensare già nella versione base (che, per altro, può essere anche costruita a mano, per provare di che si tratta).
Proseguo quindi andando un poco fuori tema, visto che lo scopo del titolo di cui parlo ora, ossia RRR (Regality vs. Religion: Revolution) , dei giapponesi Kanai – Kisaragi (distribuito dalla Japon Brand), il quale si svolge (e qui sta l’attinenza con il tris) su di una griglia 3×3 è quello di avere al termine della partita (che si chiude quando il tabellone è pieno) il maggior numero di carte rivolte verso di se (ossia sotto il proprio controllo). I pezzi / materiali sono qui costituiti da carte, ma il principio è lo stesso di un gioco da scacchiera, visto che semplicemente il piazzamento di ogni carta comporta il verificarsi di un effetto, che può coinvolgere uno o più pezzi a seconda di quanto indicato sulla carta stessa (può colpire le carte adiacenti, quelle in diagonale, in orizzontale …).

Ogni giocatore riceve ad inizio partita un set di 7 carte (diverse per disegno ma dagli effetti uguali, quindi il gioco è simettrico), che dovrà decidere come utilizzare, alternandosi i due partecipanti nel piazzare una carta a turno, producendone gli effetti, che possono consistere, per esempio, nell’eliminare carte dal tavolo, nel cambiarne l’allineamento, o semplicemente dichiarare peculiarità della carta, quale l’immunità da certi effetti. Il
gioco è poi reso più longevo e profondo grazie alla presenza di 17 carte ‘neutrali’, tra le quali ne sono estratte in ogni partita 5, che sono poste a lato del tavolo di gioco e rese disponibili ai due giocatori per essere utilizzate (il primo che la prende ne fa immediatamente l’uso che desidera). Anche qui, quindi, abbiamo un’idea base semplice, ma interessanti sviluppi e ragionamenti.

Tornando sul tema iniziale dell’allineamento propongo quindi Lino, di Chislaine van den Bulk, prodotto dalla sua Giuoco.nl. 

Qui siamo di nuovo sul classico, perchè il titolo propone ai due giocatori l’obiettivo, piazzando le proprie pedine (a forma di goccia ed in elegante materiale tipo vetro, bianco e blu) di ottenere il maggior numero possibile di combinazioni di pezzi allineati, in orizzontale, verticale e diagonale. A fine partita ognuno otterrà punteggi crescenti per ogni combo, a seconda della sua lunghezza. Qui le meccaniche innovative sono due, ossia da una parte il tavolo di gioco, che è componibile utilizzando le tessere quadrate di cartoncino che sono fornite, dando ciò la possibilità di provare infinite forme di tabellone e dall’altra vi è l’idea di attribuire ad ogni giocatore, nel momento in cui, piazzando una pedina completi una o più linee (orizzontali, verticali e diagonali) un bonus pari al numero di pedine che compongono quelle linee a prescindere da chi ne sia il proprietario. Quest’ultima meccanica, in particolare, rivoluziona in certe fasi di gioco, ossia soprattutto verso il finale, quando lo spazio per il piazzamento si riduce, la logica del collocamento delle pedine, visto che non sempre ottenere allineamenti sarà più vantaggioso rispetto al ricevere i bonus derivanti dal completamento di linee. Regole addizionali prevedono poi altre forme di bonus, legate a numeri presenti sul retro delle tessere che compongono il tabellone, per cui direi che siamo di fronte ad un altro prodotto semplice da spiegare, familiare ma per nulla banale.

Mi muovo ora invece dal tradizionale settore dei titoli da ‘scacchiera’ per parlare di un paio di giochi, sempre per due persone e sempre di allineamento, nei quali però il collocamento delle pedine avviene direttamente sul tavolo, ossia senza i vincoli di un supporto fisico a reticolo. Le regole però prevedono, naturalmente, adeguati correttivi, per cui si può dire che il tabellone ci sia lo stesso, anche se non si vede, in quanto i pezzi devono essere piazzati sempre a contatto di quelli già sul tavolo, condividendone almeno un lato completo.


Il primo dei due giochi di questa categoria è Six, si Steffen Mullhauser ed edito dalla sua Steffen Spiele, piuttosto noto soprattutto grazie alla sua versione digitale, presente sul noto sito di gioco online Yucata. Qui ogni giocatore ha a disposizione 21 pezzi esagonali del proprio colore, che sono piazzati, alternandosi, con lo scopo di ottenere una fila di sei pezzi oppure una forma di cerchio o triangolo (da sei pezzi). Esauriti i pezzi (e qui sta l’idea) i giocatori dovranno al loro turno rimuovere uno dei pezzi già piazzati, ricollocandolo in altra posizione: se nel fare ciò distaccheranno dal corpo dei pezzi collegati uno o più pezzi, proprio o dell’avversario, questi ultimi saranno rimossi dal gioco. Le strategie qui tendono solo marginalmente (fra giocatori di diverso livello) ad ottenere una combinazione nella prima fase di piazzamento, mentro il grosso dello scontro ha luogo nella seconda fase, quella di rimozione dei pezzi, andando mano a mano il loro numero a decrescere, grazie a forme e schemi (che si imparano giocando) che consentono di minacciare la vittoria, ottenendo in cambio il piazzamento da parte dell’avversario di pedine destinate ad essere eliminate. Ennesimo titolo semplice da spiegare e capire ma per nulla immediato da padroneggiare.
Ultimo spazio lo dedico a Bambam Booboo, ideato ed autoprodotto da Martijn Althuizen, olandese, che si basa su principi similari a quelli del già descritto Six, con la differenza che qui le pedine, in bamboo di due diversi colori (molto piacevoli al tatto) sono rettangolari (da pensare come composte, idealmente, da due quadretti). Lo scopo è ancora ottenere una combinazione di quattro pedine allineate secondo una forme indicate nelle regole ed anche qui abbiamo la possibilità, terminato il piazzamento, di spostare pedine e ricollocarle. A differenza di Six qui però le pedine che rimangano staccate dal corpo di quelle sul tavolo sono recuperate per essere ricollocate nei turni seguenti dai rispettivi proprietari. A livello di esperienza di gioco, pur permanendo una sufficiente complessità, direi che il titolo propone un albero combinatorio inferiore a quello del six, risultando comunque attraente per la componentistica e valido per essere proposto come propedeutico a chi si avvicini al mondo degli astratti.

Ringrazio per l’ospitalità gli amici del Fogliaccio, sperando di aver fornito alcune utili idee per escursioni fal di uori dal campo degli astratti più tradizionali.