P/review: Havana

Il titolo che ci accingiamo ad esaminare è Havana (noto anche come Havanna, nella versione originale), prodotto dalla Eggertspiele ed ideato da Reinhard Staupe, inventore professionale sin dal 1995.
Si tratta di un ‘gestione risorse’ molto leggero e veloce, che si fonda su meccanismi solidi e ben conosciuti, mescolati però in modo da proporre ai giocatori (da 2 a 4) partite contenute in 30, massimo 45 minuti.
A livello di ambientazione ci troviamo in teoria alla fine della rivoluzione, a Cuba, ed i giocatori ricoprono il ruolo di altrettanti imprenditori che entrano in rivalità per costruire palazzi nella capitale dell’isola caraibica: non mancano, come nella migliore tradizione dei titoli di questo genere, abbondanti dotazioni di cubetti di legno colorati, di trippolini (omini) di legno e di carte – personaggio.
Materiali di gioco
Come sempre una descrizione dei materiali consente di capire spesso molto delle meccaniche che ci aspettano. Qui inizio dicendo che NON abbiamo un tabellone, ma il materiale è posto direttamente sul tavolo da gioco ed anche questa mancanza dà l’idea di una volontà di semplificazione, che caratterizza l’intero gameplay. Passando poi a quello che c’è, diciamo che abbiamo 13 carte personaggio (che indicano le azioni che possono essere compiute) per ogni giocatore, 80 cubetti di legno (10 per i 4 materiali principali e 40 per il quinto materiale), 60 monete, in vario taglio, 15 lavoratori (a forma di omino nero) e 36 tessere edificio.
Sulle carte personaggio sono raffigurati i collaboratori dei quali i giocatori si possono avvalere (o le azioni da compiere), grazie ai quali potranno essere ottenuti i benefici descritti nella carta (segnalo qui che la descrizione è in lingua e nel manuale NON è ripetuta, per cui sappiate che almeno questa parte di testo dovrete tradurvela, per poter giocare, se non sapete la lingua dell’edizione che comprerete – disponibili per ora sono tedesco ed inglese).
Sulle tessere edificio invece vi sono semplicemente la raffigurazione del palazzo, un numero, che indica i punti vittoria ed alcuni simboli, che indicano i materiali necessari per costruirlo: notate che i palazzi costruiti NON attribuiscono ulteriori privilegi o produzioni ai giocatori (anche questo all’insegna della semplificazione, quindi).
Meccaniche di gioco
Rimando come al solito al regolamento per chi volesse approfondire il tema: qui lo trovate, sul sito della Rio Grande, in inglese mentre sulla Tana dei Goblin vi è invece una traduzione (per ora) in italiano senza immagini. In ogni caso vi troverete davanti ad un manuale di sole tre pagine scritte, di cui una dedicata a spiegare in dettaglio le carte ed anche questo vi suggerisce qualcosa sul desiderio dell’autore di non voler complicare troppo le cose.
Prima di iniziare si collocano sul tavolo, divise in due righe, 10 carte edificio pescate a caso ed una quantità fissata di risorse, che rappresentano ciò che è disponibile sul mercato per il turno in corso e ad ogni giocatore sono attribuite, oltre alle sue 13 carte, alcune risorse.
A livello pratico il gioco si svolge poi intorno ad un’unico meccanismo – base, che è quello delle carte. Ogni giocatore ha infatti in mano le sue 13 carte (uguali per tutti) ed all’inizio della partita sceglie, per la prima mossa, quali (due) intende utilizzare per il primo turno, me mette sul tavolo coperte e quindi tutti le girano insieme. Su ogni carta vi è un numero, da 0 a 9 (che spesso dà l’idea della ‘forza’ relativa dell’azione corrispondente): ogni giocatore mette le sue due carte in ordine dalla più bassa alla più alta, formando così un numero (es. se ho una carta con 1 ed una con il 3, faccio ’13’, mentre se ne ho una con il 5 ed una con il 9, faccio ’59’). Chi ha il numero più basso sarà il primo a giocare e così via.
Ogni giocatore quindi potrà compiere le due azioni indicate dalle carte giocate (che vanno dal prendere risorse dalla ‘banca’, al rubarne da altri giocatori, al poter recuperare una carta scartata) quindi, se ha sufficienti risorse, potrà comprare (costruire) uno o più edifici, tenendo però conto del fatto che SOLO i due edifici posti agli estremi di ognuna delle due righe sulle quali sono disposte le tessere edifici (quindi solo 4 in totale) sono acquistabili dal giocatore. Quando rimangono sul tavolo solo due edifici in una riga, se ne pescano 3 per ripristinare il numero iniziale di tessere per quella riga.
Terminato il giro, ogni giocatore sceglie quale delle due carte appena utilizzate scartare e la sotituisce con una di quelle che ha in mano, che mette sul tavolo coperta. Nel turno seguente tutti scoprono la nuova carta e si procede così, fino a che uno dei giocatori non raggiunge i 25 punti (per due giocatori), 20 (per 3) o 15 punti (per 4 giocatori). Ad ogni giro inoltre il mercato è rifornito con una quantità predefinita di materiali.
Impressioni
Si tratta, sicuramente, di un titolo che della rapidità e semplicità fa i suoi cavalli di battaglia: è un gestione risorse, perchè i cubetti ed i personaggi ricordano fin troppo questa categoria, ma nel contempo ha, nello spirito, qualcosa che mi fa pensare anche ad un Citadels (di Faidutti). Il collegamento tra il tema di fondo ed il gioco è quasi inesistente, per cui come avere Havana, potevate avere anche ‘Singapore’ od ‘Hong Kong’, come titolo,  senza che nulla in particolare dovesse variare, se non qualche disegno. A livello pratico il gioco verte intergalmente sulla buona gestione delle 13 carte a disposizione dei giocatori: in teoria, visto che solo una di esse viene scartata ad ogni turno, è possibile ripetere una stessa azione all’infinito (qualcuno suggerisce, infatti, come tecnica, di usare sempre la carta che permette di ‘ripescare’ una carta scartata per poter avere una strategia ultraflessibile, mentre altri privilegiano la carta ‘siesta’, che non fa compiere nessuna azione, ma che ha come numero lo ‘0’ e che quindi mette il giocatore in buona posizione per essere il primo al turno successivo). Tenendo conto che le carte scartate si riprendono in mano solo quando si è rimasti con solo due carte, si ha l’idea di come ad ogni giro le scelte disponibili vadano calando, per cui il ritmo del gioco, in alcune fasi, può essere travolgente. Il fatto che gli edifici non producano, ma diano come effetto i punti vittoria, fa si che non si possa prendere, come in altri titoli, un vantaggio incolmabile e l’interazione è forte, visto che varie carte sono state inserite proprio a tal fine e che i materiali prelevabili in un turno sono sempre limitati, per cui l’ordine di gioco diventa spesso vitale.
Molto del gioco, quindi, sta nel capire l’avversario (o gli avversari) e nello studiare come giocare le proprie carte, in che ordine ed in che modo, in relazione a ciò che fanno gli altri ed a ciò che si può o potrà comprare, visto che solo alcuni degli edifici (4)  sul tavolo sono acquisibili : in questo emerge il lato ‘citadel’ del gioco, andando in ombra invece quello di ‘gestione risorse’. La longevità del gioco sta, nella mente dell’ideatore, quindi nella casualità della estrazione delle tessere – edificio (che impedisce l’elaborazione di un ‘ordine’ di costruzione ‘perfetto’) e nella varietà delle tattiche di gioco delle carte che l’interazioni tra diversi gruppi può dare. Il titolo è inoltre, come molti di questo tipo, forse più ‘matematico’ in due, mentre più portato al coninvolgimento in 3 o 4.
Nel complesso quindi direi che può essere un titolo di indubbio interesse, anche se potrà tranquillamente essere disdegnato da chi desideri un gestione risorse puro (alla Puerto Rico, Opera, Pilastri della Terra, …). Il prezzo è variabile, attualmente, tra i 20 ed i 25 euro (sui siti internet di vendita online): preferibile è la versione inglese, per la presenza del testo sulle carte personaggio (a meno che invece non capiate bene la lingua di Goethe).
Gironzolando per internet segnalo un paio di recensioni, in inglese, una delle quali, sul sito olandese Gamepack, nè dà un giudizio discreto ed una sul blog ‘Metagames’, che propende verso una valutazione più positiva.

— Le immagini sono tratte dal regolamento, da BGG (postate da Alain Miltgen) o dal sito della casa produttrice (Eggertspiele, alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

Giochi da tavolo online: JSP

Dopo aver presentato poco tempo fa il server tedesco dedicato ai giochi da tavolo Yucata, è oggi la volta del francese Le jeux sur un plateau, sito della omonima rivista d’oltralpe dedicata al mondo dei boardgame, una sezione del quale è appunto dedicata ad ospitare le partite online.

Il sito, per quanto sia solo in francese (con possibilità di avere i menu interni in inglese o tedesco), contiene poche indicazioni in lingua, per cui è facilmente utilizzabile anche da chi non parla la lingua dei Galli, godendo, inoltre del pregio di essere del tutto gratuito nell’utilizzo. Con la registrazione si è ammessi a giocare ed all’indirizzo di mail indicato arriverà una newsletter periodica, ma non invasiva. I titoli proposti sono circa una quindicina e tra di essi vi sono anche alcune delle novità degli ultimi mesi: tra di essi segnalo Jaipur, titolo del quale ci siamo occupati di recente, Valdora, Jamaica, Metropolys, Anmalia e Caylus Magna Carta.

La grafica utilizzata è buona e l’interfaccia è in genere efficiente (ci può volere un attimo per capire i meccanismi di base, ma poi fila tutto liscio: quando vi si impianta qualcosa, chiudete la finestra di gioco e tornate nel menù iniziale, aprendone una nuova). Sulla sinistra avete infatti l’elenco delle vostre partite, divise per titolo (dove è acceso un pallino verde ci sono partite in attesa della vostra mossa), al centro la classica interfaccia base della chat con l’elenco dei giocatori online, sotto alla quale vi sono le partite da iniziare, in attesa di avversari (fate attenzione che chi l’ha aperta sia ancora in linea, altrimenti vi troverete a dover attendere il suo rientro online …). A destra avete invece le classifiche, generali e proprie vostre, di ogni titolo proposto.
Dal punto di vista pratico il sito è frequentato a sufficienza per poter giocare agli orari che si preferiscono, ma il numero totale di utenti non è eccessivo, per cui potreste incontrare qualche difficoltà a trovare partner per titoli meno ‘gettonati’, mentre sui più recenti o preferiti, quali quelli prima citati, non ci dovrebbero essere problemi.

Il meccanismo utilizzato è quello del gioco ‘a turni’, come in Yucata, (quindi NON in tempo reale) quindi avrete a disposizione tutto il tempo che riterrete per procedere alla vostra mossa: il vantaggio di questa modalità è dato, chiaramente, dal fatto di poter portare avanti le partite quando lo si desidera, magari collegandosi più volte al giorno per fare la propria mossa, mentre il più naturale side effect è quello di non riuscire, quando avete invece molto tempo a disposizione, ad iniziare e finire le proprie partite, se non si ha la collaborazione del proprio avversario, che resti collegato sino alla fine. Qui non è adottato poi neppure il meccanismo di Yucata, che costringe i giocatori a rispondere alle mosse altrui nell’ordine in cui sono proposte, per cui potreste anche incontrare avversari poco collaborativi che tendono a ritardare la sconfitta.

A livello di ‘punteggi’ è presente un meccanismo ‘simil – ELO’, che attribuisce punti per vittorie e sconfitte (negativi) in ragione del divario di punti tra i giocatori: in una occasione mi son trovato a perdere punti dopo aver vinto contro un avversario molto più debole, ma ritengo si trattasse di un piccolo bug, visto che per il resto ha sempre funzionato tutto a dovere. Le classifiche sono divise per gioco e consentono di visualizzare i primi 20 giocatori, dei quali si riesce a vedere l’elenco delle partite disputate.

A livello complessivo è quindi un buon server, utile per provare i giochi che propone e/o per elaborare le proprie strategie di gioco quando non si hanno avversari.

Per titoli rapidi come Jaipur direi che è veramente l’ideale, anche perchè questo è un titolo per due: qualche perplessità in più l’avrei invece su partite a 3/4 giocatori, per l’allungarsi dei relativi tempi. Il meccanismo dei punteggi non è qui curato in profondità come su Yucata (per fare dei paragoni), ma è funzionale ed adeguato per chi abbia piacere di registrare in qualche modo i suoi progressi, senza però perdersi in lotte all’ultimo respiro per mantenere le posizioni di vetta della classifica.

Fatemi sapere che ne pensate e se trovate altri siti che propongono giochi da tavolo online, perchè li possa recensire in futuro !!!

Preview – A la Carte

A la Carte, commercializzato dalla Heidelberger ed ideato da Karl-Heinz Schmiel e riedizione, con restyling, dell’omonimo titolo uscito circa venti anni fa, mette i (3-4) giocatori nei panni di altrettanti cuochi internazionali, i quali dovranno dare mostra delle proprie capacità, soprattutto manuali, in una lotta per la preparazione di gustosi piatti. Si tratta di un titolo che ricade senza dubbio nel novero dei ‘party game‘, ossia di giochi che sono incentrati soprattutto sulla capacità di coinvolgere i partecipanti in attività divertenti, senza troppe pretese di profondità o strategia.

Materiali

L’elemento più caratterizzante di questo titolo è rappresentato sicuramente dai materiali, visto che già al momento dell’apertura della scatola, vedendoli, si comprende facilmente di che tipo di gioco si tratta.

Abbiamo infatti 4 fornelli, dotati di appositi regolatori del ‘fuoco’ (finti, ovviamente), 4 padelle mignon (in metallo!), 4 boccette che contengono i ‘condimenti’ ed il sale (un centinaio di pezzetti di plastica colorati), una serie di dischi di cartone, che raffigurano i piatti da cucinare, nonchè ulteriori segnalini, tutti a tema, tra i quali alcuni a forma di mestolo, altri di tazzine da caffè e così via.

Meccanismo di gioco
Rinvio come al solito al regolamento completo (qui, sulla Tana dei Goblin, potete trovarne una traduzione in italiano,  per una descrizione più approfondita delle regole  e qui in inglese – completa di disegni ed immagini), limitandomi qui a spiegare come il compito dei giocatori sia quello di preparare vari piatti, uno per tipo (colore), ciascuno dei quali attribuisce determinati punti vittoria, che dipendono anche dalla difficoltà pratica che implica la sua preparazione. Sul retro del piatto (un dischetto di cartone colorato) compare infatti la descrizione degli ingredienti (condimenti) che dovranno essere versati su di esso, nonchè la temperatura alla quale dovrà essere regolato il fuoco per cuocerli.

Mentre la regolazione del fuoco (che deve corrispondere a quanto indicato nella scheda del piatto, dove si specifica a quale livello lo stesso sarà bruciato) avviene grazie al tiro di dadi  (che alcune volte influenzano anche i fornelli degli altri giocatori, costringendoli ad alzare il fuoco, con effetti carbonizzanti …) e/o all’uso di tessere bonus (che si ottengono sempre tirando i dadi), l’aggiunta degli ingredienti avviene rovesciando gli appositi contenitori trasparenti che li contengono, per cui si dovrà cercare di dare il giusto colpo di polso per far si che cadano esattamente il numero di pezzi previsto, possibilmente senza che cadano anche i pezzi ‘intrusi’ di sale, che tenderanno a rovinare il piatto. C’è un piccolo margine di errore, che consente di guadagnare comunque punti, superato il quale il piatto sarà da considerarsi rovinato.
Tra i prodotti da preparare vi sono poi le mitiche crepes, per le quali sarà richiesto ai giocatori un ulteriori sforzo di abilità, visto che per ‘cucinarle’ si dovrà, con un colpo di polso altrettanto preciso, far volare il dischetto di cartone che le raffigura, preventivamente posto nella propria padella, rovesciandolo in volo e raccogliendolo con la padella stessa…
Il gioco prosegue sino a che un giocatore non avrà cucinato adeguatamente 5 piatti o ne avrà completati almeno 3 in modo ‘magistrale’.

Impressioni
Si tratta, evidentemente, di un titolo leggero, destinato ad un pubblico familiare o a momenti di divertimento tra amici desiderosi di non concentrarsi troppo. La profondità chiaramente manca, ma sarebbe fuori luogo pensare di richiederla in un titolo che su altre carte gioca la sua appetibilità: l’ambientazione è qui sicuramente azzeccata, grazie a materiali ed a prove di abilità che in qualche modo ricordano effettivamente il mondo della cucina. Nota di merito proprio per i pezzi del gioco, che possono ricordare ‘il piccolo cuoco’, ma che sono di sicuro effetto: qualche perplessità sulla longevità, visto che alla fine l’abilità manuale richiesta è sempre la stessa, ma qui, come per la quantità di divertimento che si può trarre da questo titolo, dipende molto dalla composizione del gruppo di gioco, che deve essere aperto a questo tipo di prodotti, altrimenti vi troverete a farvi guardare con commiserazione da un gruppo di persone che si chiederanno se siete tornati bambini. … ma chi ha detto che è male ritrovare il bambino che è dentro di noi ???


Suggerisco, per chi fosse interessato, di vedere questo video di presentazione del gioco: è in inglese (realizzato da Tom Vasel) e lo trovate su Youtube, ma ritengo che, anche non comprendendo la lingua appieno (o per nulla), possa essere utile per visionare i materiali e per vedere come funzionano le prove di abilità richieste dal gioco.

In genere , per il resto, vi segnalo che su internet le reazioni sono state piuttosto positive , che il titolo è stato quindi ben accolto e che il prezzo della versione tedesca del titolo, sui negozi online, viaggia intorno ai 25-30 euro.

AGGIORNAMENTO NOVEMBRE 2010
E’ uscita nei negozi la versione italiana del titolo a cura della Giochi Uniti al prezzo di circa 45,00 euro con il nome “Lo Chef Pasticcione”… nonostante il rincaro rispetto alla versione tedesca, al di là del manuale tradotto in italiano e di una nuova veste grafica per la sola scatola (la vedete a lato) non è stato cambiato nulla ed i pezzi all’interno sono gli stessi dell’edizione tedesca. Potete comunque anche trovarla in offerta su Egyp.it a 38,90 euro. Se invece non vi crea problemi stamparvi le regole in italiano (che trovate qui) potete anche acquistare la versione tedesca a 29,90, sempre da Egyp.it, dove la trovate con già allegato il regolamento tradotto.

— Le immagini sono tratte dal regolamento, da BGG (postate da Henk Rolleman, Kerstin Jakob, ) o dal sito della casa produttrice (Heidelberger), alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco, o dal sito Giochi Uniti che lo distribuisce in Italia. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

Preview – Claustrophobia

Il titolo del quale ci occupiamo oggi, Claustrophobia, è un gioco di miniature ed esplorazione dungeon
prodotto dalla Asmodee, casa editrice francese, ambientato nel mondo del gioco di miniature Helldorado, che con esso condivide l’autore, ossia Croc, pseudonimo di un game designer francese.
Per comprendere di che si tratta segnalo, tra i ‘parenti più prossimi’ di Claustrophobia, Tannhauser e Descent, contenendo il primo elementi che ricordano entrambi i prodotti citati della FFG, condividendo con il primo la presenza di miniature predipinte ed una certa semplicità di fondo e con il secondo l’ambientazione e la mappa componibile (nell’immagine sotto potete vedere, a titolo di esempio, una delle tessere che comporranno il tavolo di gioco).
Materiali
Partendo dalla descrizione dei materiali si può iniziare a farsi un’idea del gioco: qui abbiamo a disposizione 17 miniature, che vanno divise tra i 2 giocatori (si può pensare però, con un minimo di fantasia, di giocare anche in più di due, semplicemente dividendosi i ‘buoni’, come si fa in Descent), spettandone 5 all’umano (ossia i redeemer, 2 condemned brute e 2 condemned blade for hire) e 12 al ‘cattivo’ (creature demoniache, di cui 11 troglodytes ed 1 demon).
Per ogni miniatura dell’umano è fornita una scheda del personaggio, completa di una base di plastica (tipo ‘Formula Dè) che si utilizzerà per tenere traccia di statistiche e ferite.
Il giocatore ‘demoniaco’ avrò invece solo una maxi scheda (board of destiny) per tenere traccia dei rinforzi e via discorrendo e di una schedina per il demone (i trogloditi invece, avendo un solo punto vita, non hanno bisogno di scheda). Sono poi presenti vari mazzetti di carte (nel complesso però le carte sono una cinquantina, per cui non aspettatevi troppa roba), una manciata di dadi (quasi tutti semplici dadi d6 standard), qualche manciata di cittini vari (tokens). A completare la dotazione vi sono poi 36 maxi tessere riccamente colorate, in cartone pesante, che andranno a formare il piano di gioco: tenete conto che ogni tessera rappresenta una stanza, per avete sin d’ora l’idea della dimensione massima del labirinto, che non è affatto enorme (tipo in Descent, dove con 36 quadretti si costruisce una stanza …
I meccanismi di gioco
Il regolamento, per quanto consista di 16 pagine, è piuttosto semplice, in quanto arricchito da molte figure e fondato su linee guida essenziali, per cui scordatevi le particolarità e le liti da interpretazioni che caratterizzano per esempio un Descent. In buona sostanza i giocatori (umano e demoni) si alternano, muovendo a turno le proprie miniature e combattendo, ampliandosi la mappa mano a mano che l’umano arriva al limite della mappa visibile (si pesca ogni volta una nuova tessere e la si aggiunge). Poichè si gioca secondo degli scenari prefissati, ognuno di essi ha poi delle particolarità, tuttavia l’idea di fondo è per il cattivo di uccidere i buoni (principalmente il redeemer) e viceversa (facendo fuori il demone), salvo per gli umani la possibilità a volte di vincere raggiungendo obiettivi predeterminati. Poche sono quindi le particolarità degne di nota specifica, ossia: 1) all’inizio di ogni turno l’umano tira un tot di dadi e ne pone uno su ogni scheda dei propri uomini in vita: il numero che mostra il dado stabilirà le statistiche per quel turno di quella miniatura (riassunte in tre numeri, uno per il movimento, uno per l’attacco ed uno per la difesa).
L’idea è quella, per capirci, che se ci si pone in una ‘posa’ difensiva si avanza più lentamente e viceversa). 2) ogni ferita che si subisce blocca l’uso di un certo numero di dado per quella miniatura, per cui più ferite si hanno, più fortuna si dovrà avere per poter muovere il personaggio ; 3) anche i rinforzi del cattivo, sotto forma di miniature (che il cattivo può riutilizzare, visto che  i trogloditi sono piuttosto scarsi) o di carte da pescare od altro, sono in buona parte determinati dall’uso che si fa dei dadi che il cattivo tira ad inizio turno ; 4) i combattimenti avvengono tirando semplicemente tot dadi d6 per ogni creatura che attacca e facendo un danno per ogni numero pari o superiore al valore difesa della creatura che difende.
Impressioni di fondo
Mai come in questo caso ritengo utile parlare di ‘impressioni’ e non di ‘giudizio’, perchè  si tratta di un titolo il cui gradimento dipende massicciamente da cosa il potenziale compratore cerca in un prodotto che appartiene alla categoria del dungeon crawling. Dico quindi che se siete fan di Descent, perchè ne apprezzate il gran numero di miniature, la profondità di regolamento e la caratteristica di voler rappresentare un punto di contatt tra i giochi da tavolo ed i GDR, allora lasciate perdere Claustrophobia, perchè lo considerete semplicemente troppo semplicistico. Se invece cercate un titolo più rapido, visto che si può tranquillamente giocare anche in meno di un’ora (a seconda dei livelli e dei giocatori coinvolti), e più semplice (qualcosa di più evoluto di Star Quest o di Hero quest base base, ma in quell’ordine di idee), allora dovrebbe essere il titolo per voi, visto che lo stesso aggiunge i bonus delle miniature pitturate, della facile espandibilità (se avrà un minimo di successo mi sa che usciranno caterve di espansioni) e della velocità di apprendimento.
Nella logica appena espressa si potrà quindi valutare come eccessivamente aleatorio l’uso ‘secco’ di dadi d6 con un colpisci – manca a seconda del tiro che fai oppure lo si potrà benedire, non gradendo l’uso di  complesse combinazioni di dadi multi-colorati o multi-simbolo tipici per esempio della famiglia dei titoli FFG. Personalmente, per dare un’idea, sono un fan di Descent (che ho giocato anche con l’espansione Road to legend) e ritenni poco adatto al nostro gruppo (così come gli altri giocatori) Tannhauser, per cui credo che nemmeno Claustrophobia faccia per me, tuttavia, lo sottolineo, si tratta di vedere cosa si cerca, perchè il prodotto in sè, per il resto, come materiali, grafica, ambientazione e quant’altro, sembra essere decisamente di buon livello. Il prezzo si attesta, approssimativamente, tra i 40 ed i 50 euro, sui negozi internet.

Se avete piacere di dare un’occhiata più approfondita ai materiali vi suggerisco questo video di presentazione, di Tom Vasel (al quale il gioco per altro non è piaciuto troppo), che è in inglese, ma per vedere i pezzi di gioco và bene anche per i non amanti della lingua d’oltremanica.
Il gioco, occhio nel comprarlo, è prodotto in inglese e francese ed è dipendente dalla lingua, visto che ci sono carte in lingua. Se siete poi curiosi di approfondire, ecco qui il link del sito in inglese, sul quale troverete anche uno scenario bonus, di esempio, nonchè alcuni video di presentazione delle regole, con sottotitoli in inglese.
— Le immagini sono tratte dal regolamento o dal sito della casa produttrice (Asmodee), alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

Giochi da tavolo online: Yucata.de

I giochi da tavolo sono sopravvissuti all’avvento delle consolle e dei pc, riuscendo non solo a tenersi in vita, ma anche a intraprendere nuove strade, offrendo profili di innovatività importanti, soprattutto negli ultimi 15-20 anni. Molti avevano visto le due forme di divertimento, ossia i video games ed i boardgames, come rivali, teorizzando che l’avvento dei primi avrebbe distrutto i secondi e, se è pur vero che a lungo le nuove leve si sono indirizzate principalmente verso i primi, mentre una volta erano i secondi a godere delle attenzioni dei gamers, attualmente assististiamo, per certi aspetti, ad un maggiore interscambio tra i due generi, a volte con mutuo beneficio. E’ infatti con sempre maggior frequenza che siamo spettatori, devo ammettere dal punto di vista dei boardgamers con un attimo di sorpresa, dell’uscita di videogiochi su licenza dei boardgames, che sono proposti spesso su piattaforme di consolle, aperti al multiplayer. Il divertimento quindi sembra non conoscere confini ed i giochi da tavolo dimostrano di essere in grado, grazie alla profondità delle idee che stanno alla loro base (si può sempre dire lo stesso dei videogames ?), anche alla perdita del loro aspetto materiale e del contatto con i pezzi di gioco, risultando appetibili pure nella loro forma digitale.
Nell’accogliere con piacere questa piccola rivincita, introduco con questo articolo una ulteriore nuova serie di approfondimenti (sto cercando infatti di variare i contenuti, ampliando il blog rispetto allo schema-base della semplice e sola recensione di titoli), ossia quelli dedicati ai siti che offrono la possibilità di giocare ai nostri titoli preferiti online, con migliaia di giocatori spersi per tutto il globo.

Il primo che propongo  il sito Yucata (www.yucata.de), tedesco, ma con una interfaccia disponibile anche in inglese.
Il sito è accessibile previa registrazione, ma la stessa è del tutto gratuita e può anche essere effettuata, se proprio siete allergici a dare la vostra mail, utilizzandone una di quelle provvisorie (servizio che su internet si trova senza problemi). Non ci sono, come accennavo, costi di utilizzo e moltissimi sono i titoli offerti, che sono oltre 40. Tra di essi vi sono alcuni filoni, nel senso che si trovano vari titoli da scacchiera, astratti (tipo COn Hex, del quale parlavamo poco tempo fa, il Ponte del Diavolo, Six, Aronda), nonchè giochi da tavolo anche piuttosto nuovi. Nella seconda categoria compaiono, per esempio, il recentissimo Finca, oltre a Stone Age, Oregon, Yspahan, Carcassone (nella sua versione Hunters e Gatherers) Vikings e vari altri.

Senza entrare per ora (magari in futuro potremo farci una chiacchierata sopra) nel merito del dibattito che può essere impostato sulla opportunità di dedicarsi a questa forma di gioco da tavolo in alternativa a quella classica, face to face, devo dire che Yucata si pone come sito ben organizzato e ricco di titoli, oltre che di giocatori. Interessante è inoltre il meccanismo ideato per cercare di spingere gli utenti a provare più titoli, dedicandosi anche a giochi che di primo acchito non piacerebbero: è stato infatti creato un sistema di livelli classico, con attribuzione di punteggi per vittorie e sconfitte basati sul rapporto tra i livelli dei giocatori, ma si è nel contempo creata una progressione di livelli comune a tutti i giochi e si è previsto che per accedere ad ogni livello successivo i giocatori debbano aver vinto almeno una partita ad un ulteriore gioco. In altri termini, per se per passare al secondo livello è sufficiente aver assommato 45 punti, vincendo partite anche in solo gioco, per passare al terzo di devono aver vinto partite in due giochi diversi, al quarto in tre e così via. Il bello è che quindi, almeno chi è stimolato da questo meccanismo da RPG, è spinto a provare parecchi titoli (per passare ai livelli più alti), ampliando la propria esperienza di gioco anche ad ambiti (vedi generi) verso i quali altrimenti non si sarebbe indirizzato.

Il meccanismo citato, chiaramente, presta pure il fianco ad alcune critiche, visto che in questo modo è difficile avere classifiche realmente affidabili in senso assoluto: c’è la possibilità che alcuni rimangano comunque ancorati ai pochi giochi che gli piacciono, rimanendo così bassi di livello e facendo perdere con regolarità molti punti ai loro avversari, più versatili di loro, ma meno bravi in QUEL gioco specifico. Nel contempo non vi è nessuno specifico meccanismo che impedisca di scalare le classifiche di ogni singolo gioco (che sono stilate SOLO sulla base della percentuale di vittorie), giocando solo contro avversari notoriamente deboli.

Ciò detto segnalo, per concludere, che tutti i giochi prevedono una modalità ‘a turni’, che prescinde dal tempo per mossa, per cui ogni giocatore è libero di fare anche solo una mossa al giorno: per evitare però che si possa pensare di ‘congelare’ all’infinito le partite in cui si perde, ogni giocatore è costretto a rispondere alle mosse degli avversari nel’ordine in cui le stesse pervengono al server. QUindi, non si può procedere con la partita successiva sino a che non si è risposto anche in quella in cui si sta perdendo. Bella idea per scoraggiare i rimpiscatole che non sanno perdere ! Anche qui un effetto collaterale c’è ed è quello che, non essendoci una sconfitta ‘per tempo’ a volte le partite, tra asincronia dei collegamenti degli avversari, può durare giorni e giorni, perdendosi un pò il ‘filo’ della partita, che è spesso ciò che affascina nei giochi da tavolo.

Il sito è quindi a mio avviso ben fatto, propone molti titoli validi ed interessanti, oltre ad una buona varietà. Le interfacce sono in genere comprensibili e graficamente adeguate, per cui lo consiglio. Resta, chiaramente, ma questa è una mia idea di fondo, sempre preferibile giocare ‘dal vivo’, ma quando mancano gli avversari o ci sono difficoltà logistiche nell’incontrarli (o anche solo per provare titoli che non si possiedono), questo sito, come gli altri di giochi da tavolo online, è una buona scelta per passare un pò di tempo a giocare …

Preview: Summoner Wars

Come abbiamo avuto modo di vedere insieme negli ultimi tempi, vi è una forte tendenza, nel periodo recente,  di sviluppo di nuove case indipendenti, nelle quali spesso le figure di designer e produttore si sovrappongono: sempre più spesso i risultati si dimostrano piuttosto buoni, visto che i titoli rilasciati in molti casi sono del livello di quelli prodotti dalle case più affermate.
Nella lotta per emergere che si sviluppa tra le centinaia (se non migliaia) di prodotti, basilare è sempre il tam tam di internet, che stavolta mi ha portato a conoscere un nuovo di gioco di carte e combattimento, ibrido dei giochi da tavolo, ossia Summoner Wars, prima uscita della neonata Plaid Hat Games, editore che si incarna con il designer, ossia Colby Dauch, americano, già attivo nel mondo del game designing per aver collaborato ad alcuni prodotti della linea Heroscape.
Il gioco in questione nasce come classico card game non collezionabile (nella formula, già vista, della uscita prevista di espansioni dal contenuto fisso a scadenze programmate: lo stesso pacco di partenza è disponibile in due diverse versioni (con due razze in ogni pacco) ad ambientazione fantasy (e qui non è che siamo troppo innovativi) il quale presenta quatto diverse razze in lotta tra loro, ossia i Phoenix Elves (elfi), i Tundra Orks (orchi), i Guild Dwarves (nani) ed infine i Cave goblins , dove le prime due fanno parte del primo set base e le altre due del secondo, unitamente ad alcune carte neutre (mercenari).
Fin qui non vi ci siamo ancora distaccati dal cliché di Warhammer Invasion, titolo al quale questi primi elementi fanno assimilare alla grande il prodotto della Plaid Hat: mentre però il gioco della FFG rimane, pur muovendo alcuni passi nella direzione della ‘gestione risorse’, avendo introdotto il concetto di ‘produzione’ delle unità, un gioco di carte puro, Summoner Wars presenta invece, tra i materiali di gioco, un tabellone, piuttosto stilizzato, visto che si tratta di una griglia 6×8, la cui presenza però lo fa rientrare (perlomeno astrattamente), nel novero dei giochi da tavolo, visto che il posizionamento delle unità (ed il loro movimento) rappresenta dinamica attiva del regolamento.
Ok, partendo dai materiali, oltre al già menzionato tabellone, di carta (non cartoncino), abbiamo per ogni set base 70 carte, 5 dadi (.. ameritrash …? oh yeah !!) e 20 segnalini (cittini) per le ferite.
Tra le carte abbiamo le unità, gli eventi ed i ‘muri’. Ogni carta unità, come quella che vedete a lato, reca su di essa i classici valori identificativi delle sue capacità, ossia il valore di attacco (numero di dadi che tira), il costo per evocarla (il numero di punti magia che devono essere spesi per metterla in campo), l’abilità speciale (descritta dal testo), il tipo  di combattimento nel quale può essere impegnata (corpo a corpo – una spada – o a distanza – un arco), nome / tipo (evocatore, campione o comune) ed infine, i punti vita, ossia le ferite che può sopportare prima di morire. Maelena, per esempio, ha 5 punti vita, attacca da vicino (unità a fianco o davanti a se), costa 5 punti magia e tira due dadi. E’ infine un ‘campione’ degli elfi e provoca un punto ferita addizionale ad ogni attacco.
Le carte evento invece hanno solo un testo, che ne descrive l’effetto e le carte muro (wall) hanno un tot di punti vita e servono sia come punto di partenza per l’evocazione, sia come ostacolo in battaglia.
Ok, venendo al regolamento (qui lo trovate in inglese) diciamo che all’inizio di ogni partita ciascuno dei DUE giocatori sceglie un mazzo di carte, che include una scheda riassuntiva (vedi sotto), nella quale vi è l’elenco delle dotazioni iniziali, che sono piazzate sul campo di battaglia nelle posizioni prefissate.
Ciascun giocatore ha a sua disposizione un summoner (evocatore), che rappresenta l’unità base del suo esercito, perduta la quale la partita sarà vinta dall’avversario. In ogni turno, salvo nel primo, che si svolge a metà per ridurre il vantaggio per chi inizia, si svolgono 6 fasi, ossia.
1. pesca. Il giocatore pesca carte fino a che non ne ha 5 in mano. Una volta finito il mazzo non si pesca più (ma si prosegue nel gioco)
2. evocazione. Il giocatore può evocare unità in combattimento (quante si può/vuole), piazzandole adiacenti ad un muro che controlla. Per evocare è necessario spendere punti magia, che si ottengono scartando carte che si hanno in mano (che si mettono in un ‘mazzo magia’), in ragione di 1 punto per ogni carta (es. per evocare una carta che ha costo 2, si devono scartare 2 carte .. semplice).
3. giocare carte evento. Se ne possono giocare a piacimento, risolvendo immediatamente gli effetti descritti su di esse.
4. movimento. Si possono muovere fino a 3 unità di una o due caselle, avanti, indietro o a lato.
5. attacco. Si può attaccare con fino a 3 unità (possono essere o meno quelle mosse). L’attacco si svolge tirando il numero di dadi indicato dalla carta unità attaccante e si segna una ferita sul difensore rollando più di 3 sul dado. Se l’unità nemica è uccisa, il vincitore prende quella carta e la potrà utilizzare, mettendola nel suo ‘mazzo magia’ nel quale varranno un punto magia per le evocazioni.
6. guadagno punti magia. Si possono in questa fase scartare le carte che si desidera nel proprio ‘mazzo magia’: esso varranno ciascuna un punto magia per le evocazioni del prossimo turno.
Il succo del gioco sta tutto qua: le regole base sono piuttosto semplici e sono arricchite, come tipico di questa categoria di titoli, dal testo presente sulle carte (è quindi un gioco DIPENDENTE dalla lingua, del quale si sconsiglia l’acquisto a chi non capisce l’inglese), che introduce capacità speciali ed effetti particolari.
Per concludere sulla descrizione delle regole aggiungo che è prevista la possibilità di giocare anche in 3-4 persone (che giocheranno divise in due squadre opposte), semplicemente unendo due tabelloni di gioco, a formare un campo di battaglia di 12×8 caselle, con l’avvertenza che è previsto che le unità che escono da un lato di esso rientrino da quello opposto.
Veniamo ora alle impressioni. A livello di ambientazione (fantasy, con guerra tra due stregoni evocatori di unità militari) non è certamente un prodotto innovativo, così come lo spirito del ‘mai visto’ non alberga neppure nell’ambito della struttura delle carte, visto che il concetto di punti vita, costo di evocazione e capacità speciali sono uno standard dei giochi tipo Magic. La grafica è molto particolare, nel senso che le immagini hanno uno stile peculiare del disegnatore (qui il suo blog), John Ariosa, che può piacere, andando a rappresentare un elemento distintivo del titolo in questione, ma anche risultare poco gradito. Le meccaniche di gioco, infine, pur non del tutto inedite, rappresentano una sorte di ‘ponte’ tra i giochi di carte e quelli da tavolo, costituendo l’elemento di maggiore interesse.
A livello pratico si tratta di un gioco di combattimento, nel quale si deve porre una certa attenzione a livello tattico nel posizionamento e movimento delle unità, tuttavia il fatto che poi i combattimenti si risolvano nel classico tiro di dadi introduce un forte elemento aleatorio. Vi è la possibilità di procedere, come tipico ed interessante in questa categoria di titoli, al deck building prima di iniziare la partita, tuttavia vi sono parecchie restrizioni sulla costruzione del mazzo, visto che lo stesso DEVE avere, perchè non sia snaturato lo spirito / meccanica di base,  34 carte di tipo prestabilito (1 evocatore, 9 carte evento, 3 muri, 18 unità comuni e 3 campioni): considerando che molte carte devono essere inserite al primario scopo di essere scartate, per procedere alle evocazioni, non è che vi sia poi tantissimo spazio per la creatività. Molto interessante  è la possibilità del gioco a 4 (che può essere anche pensato nella logica di una partita a 2 su un campo di battaglia allargato), che introduce qualche aspetto di interesse ulteriore e di divertimento di gruppo, che giochi come Magic permettono solo con House rules (Warhammer Invasion è invece per ora un titolo puro a due). Apprezzabile è l’idea della costruzione di punti magia grazie allo scarto delle carte ed all’utilizzo di quelle dell’avversario uccise.
Nel complesso è un titolo che non sembrerebbe avere elementi di grande innovazione, ma che nel complesso, per motivi forse più legati all’inconscio, sembra attirarmi: ho l’impressione che non sia particolarmente profondo, nè innovativo, nè troppo longevo (si dovrà vedere se la neonata casa riuscirà a proseguire nel progetto pubblicando espansioni) ma che possa comunque risultare alla fine godibile per qualche partita, per la semplicità dei meccanismi e per la sua immediatezza.
Forse l’aspetto più apprezzabile risiede nel mix tra cad game e gioco da tavolo e forse anche la grafica strana alla fine sortisce l’effetto di rendere più interessante un titolo che diversamente poteva sembrare un ‘clone’ di prodotti già esistenti sul mercato. Potrebbe essere tranquillamente, se fosse dotato di miniature, un titolo appartenente a questa categoria, ma molto rapido e sbarazzino.
Il prezzo di vendita dal sito della casa produttrice è di 25 dollari a pacco base, ma non ho idea dei costi di spedizione e di dogana. Sul sito Cardhaus è offerto sotto i 20 dollari a pacco, ma le spese di spedizione per i due pacchi base viaggiano oltre i 40 dollari, per cui poi ai 50 euri circa  di spesa per i due pacchi base spediti ci sarebbe da aggiungere anche la dogana ..

Per chi fosse ancora curioso segnalo questo video recensione in inglese, di Tom Vasel,  nella quale avrete modo di visualizzare (anche non capendo la lingua) i materiali: il recensore in questione , in particolare, si dice entusiasta del gioco.

Il gioco è in vendita in vari formati (mazzi singoli, mazzi doppi con due eserciti, ed esiste anche il tabellone cartonato) ed è facilmente reperibile nei negozi specializzati oppure online (visualizza l’elenco dei prodotti disponibili su Egyp).

— Le immagini sono tratte dal regolamento o dal sito della casa produttrice (Plaid Hat Games), alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

Print & Play – Cronberg / Bonobo Beach

Una categoria di giochi della quale non ci siamo mai occupati sino ad oggi è quella rappresentata dai titoli, di vario genere e natura, che godono di un canale distributivo alternativo, rispetto alla classica vendita della scatola completa di tutto il necessario per giocare, ossia quello dei c.d. Print & Play. In questo caso infatti il game designer, spesso anche produttore del gioco, decide di mettere a disposizione il materiale di gioco in forma elettronica, ossia rendendone disponibile lo scaricamento da internet in un file pdf o in immagini jpg, da stampare, ritagliare ed incollare come da istruzioni. Talvolta è anche richiesto di utilizzare del materiale aggiuntivo (tipo segnalini, dadi, cubetti, …) da ‘cannibalizzare’ da altre scatole in possesso del volenteroso utente finale. Dal punto di vista economico, infine, questo canale distributivo è quasi sempre sinonimo di gratuità (raramentente  sono  richieste modeste cifre per scaricare) e lo spirito che anima la cosa è quello di dare diffusione al nome dell’autore, nella speranza di essere notato da qualche casa produttrice. Tra gli autori che si sono dedicati in particolare a questo tipo di esperienza ricordo, tra gli altri, Michael Schact.
Ciò premesso devo dire che questo tipo di produzioni ha proprio nella gratuità il suo principale pregio e stimola nel contempo l’utente a darsi da fare manualmente per realizzare nel miglior modo possibile i pezzi (visto che stampare su un semplice foglio di carta standard consente spesso di fare pochissime partite, prima che l’usura distrugga i pezzi), anche perchè l’impatto d’insieme del gioco, se non ci si applica abbastanza, può essere tale da rendere poco appetibile l’esperienza di gioco (anche l’occhio infatti vuole la sua parte). Da qui emerge poi anche il primo aspetto negativo, consistente nel fatto che è appunto richiesta una grande applicazione per stampare ed incollare il tutto, cosa che a molti può risultare sgradita. Il secondo segno meno, infine, è legato al fatto che la qualità media di questi prodotti è in genere meno elevata di quella commerciale, proprio perchè nessuno ha dovuto prioritariamente fare i conti con il gradimento del possibile mercato, nonchè il virtù del fatto che spesso si cerca di ridurre i materiali di gioco ai minimi termini, per rendere più facile il lavoro di stampa.
Poichè però tra questi titoli si trovano a volta dei prodotti pregevoli, ho pensato di aprire una nuova serie di articoli (che usciranno sporadicamente, intervallati agli altri), dedicati a questo genere. Il primo di essi è dedicato ad un titolo vecchiotto, in quanto risalente al 2003, ma lo ho scelto soprattutto perchè di esso è disponibile anche una versione per pc, che consentirà quindi di provarlo, prima di mettersi al lavoro per l’opera di ‘bricolage’.
Ok, il titolo in questione è Cronberg, ideato da Roland e Tobias Goslar e pubblicato dalla Kronberger Spiele. Oltre ad essere disponibile per il download qui, ne è stata a suo tempo realizzata una versione (in tiratura limitata) cartacea e ne è stato anche adattato il tema all’ambientazione marina, dandogli il nuovo nome di Bonobo Beach. Per completare i riferimenti, qui trovate la pagina con il regolamento in italiano del gioco, qui la versione pc (a me va spesso in crash, ma qualche partita la potrete fare tranquillamente).
Panoramica dei pezzi
Ok, partiamo con la descrizione del materiale di gioco, che è costituito da un tabellone di forma esagonale, che raffigura l’ipotetica città di Cronberg (o la spiaggia di Bonobo), delimitato da una cerchia di mura (che funge anche da segnapunti) e diviso al suo interno in spazi a forma di triangolo equilatero. Ogni giocatore (da 2 a 4) riceve quindi 5 segnalini (1 per i punti e 4 da usare nel corso del gioco). A disposizione per essere pescate vi sono quindi 28 tessere (a faccia coperta) di forma romboidale (ossia grandi come due dei triangoli), recanti dei numeri, positivi (tessere chiare) o negativi (scure) in corrispondenza dei 4 angoli.

Regole
Si parte con un giocatore a caso e si procede in senso orario, svolgendo ognuno una mossa. Ad ogni turno il giocatore ha a sua disposizione solo due alternative, ossia: 1) prendere una tessera e piazzarla sul tabellone, in modo tale da comprire due triangoli LIBERI ; 2) piazzare uno dei propri segnalini in uno degli spigoli dei triangoli (sono indicati sul tabellone da piccoli cerchi), a patto che almeno uno degli spazi triangolari con i quali è in contatto siano liberi.
Nel corso del gioco, quando tutti i triangoli adiacenti al proprio segnalino sono stati occupati da tessere, si fa la somma algebrica dei punteggi che le tessere adiacenti riportano: il proprietario del segnalino otterrà quei punti, riprenderà il trippolino in mano e lo potrà riutilizzare.
Nell’esempio a fianco il segnalino verde deve essere rimosso, dando 2 punti al proprietario (4+2-4), mentre il rosso, che resterà sul tabellone sino alla fine della partita, come si spiegherà tra poco, vale 4 punti, perchè il negativo, come vedremo tra poco, diventa positivo grazie all’attivazione del triangolo alla sua destra) .

Nel piazzare le tessere è però possibile che dei triangoli vengano a trovarsi in posizioni tali da non poter essere più coperti, rimanendo così ‘isolati’. In questo caso si attiverà la ‘funzione speciale’ del triangolo, che può essere quella di moltiplicare per due il punteggio, di far riprendere in mano (senza ottenere punti) tutti i segnalini posti sugli spigoli di quel triangolo o di far diventare positivi i punteggi negativi relativi agli spigoli toccati da quel triangolo.
La partita finisce quando nessun giocatore potrà più piazzare tessere o trippoli. A quel punto si calcolano i punteggi relativi ai trippoli ancora sul tabellone (tutti quelli che sono in contatti con triangoli ‘attivati’ e chi ha più punti, vince.
Impressioni
 Si tratta di un gioco semplice, veloce ed immediato. Le regole stanno in due pagine ed una partita si fa un meno di un quarto d’ora. Nel contempo è un gioco che consente un certo che di riflessione e può volerci più di qualche partita per padroneggiare tutte le piccole tattiche che possono portare alla vittoria. E’ infatti possibile prendersi qualche rischio, cercando di occupare degli spazi momentaneamente negativi, cercando di attivare i triangoli che rendono positivi i punteggi, così come si deve bilanciare il piazzamento nei punti più strategici, con l’esigenza di poter riutilizzare più di una volta i propri pochi trippoli (solo 4!!). In due il gioco diventa più ‘matematico’, in tre è divertente, in 4 un pò caotico, perchè le mosse a disposizione, all’interno di un tabellone piccolo come è quello di gioco, sono un pò pochine..

Il fattore fortuna è certamente presente e può alla lunga indirizzare l’esito delle partite, quando i giocatori diventano smaliziati, ma direi che qualche regola della casa potrebbe mitigarlo. Ho pensato, per esempio, a mettere tre pedine visibili su tavolo a fianco del mazzo delle tessere da pescare, in ordine, con la libertà di prendere gratuitamente quella più lontana dal mazzo, di pagare un punto per quella intermedia e due per quella appena pescata (tipo in Lungarno, per capirci), oppure a lasciarne sempre due in tavola, dando la possibilità di scegliere, oppure sempre una in mano, pescando prima di piazzare. Tutte e tre le varianti renderebbero meno forte il fattore fortuna: se qualcuno vuole provarle, può poi inserire commenti all’articolo con le sue impressioni.
Nel complesso quindi direi che si tratta di un giochetto simpatico, senza troppe pretese, ma abbastanza attraente per farci qualche partita sottraendo del tempo ad altri giochi ‘comprati’. Il fatto che ci sia la versione pc rende facile provarlo senza perdere tempo e stamparlo solo se si vede che può piacere e questo, direi, è un pregio non da poco ..
— Le immagini del gioco riprodotte sono tratte dal regolamento o dal sito della casa produttrice (Kronberger), alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

P/review : Logan Stones

John Yianni è un game designer autore di una manciata di titoli, tra i quali spicca il notissimo Hive , cui sta cercando, dopo il grande successo ottenuto con il gioco degli insetti, di trovare un degno successore, sia in termini di gameplay che di vendite. Dopo Army of frogs è infatti ora il turno di Logan Stones, nuovo prodotto della Gen four two, titolo astratto dalle meccaniche semplici e dai materiali che strizzano l’occhio ai suoi precedessori, riprendendone molti aspetti.

Partendo dai materiali abbiamo, ancora in assenza di un tabellone, 18 ‘pietre’ (stones’) ossia maxi pedine esagonali, di bachelite, su ogni lato di ciascuna delle quali è raffigurato uno dei tre simboli utilizzati nel gioco, ossia i classici carta, sasso e forbice, stilizzati nelle corrispondenti forme assunte dalla mano nel gioco della morra. Il gioco, nel titolo, riprende il nome attribuito alle pietre (dette anche ‘rocking stones‘), presenti in natura, che si trovano in equilibrio così precario che applicando loro una minima forza è possibile ottenerne il movimento (così dicono le regole …).

A livello di regole (le trovate in inglese qui, sul sito della distributrice olandese Vendetta) siamo nel semplice: all’inizio della partita ognuno riceve, prese casualmente dal sacchetto simil-Hive in dotazione, 8 pietre (delle quali può vedere, solo lui, il retro) e le dispone davanti a se. Le due pietre residue sono poste, uno a fianco dell’altra, al centro del tavolo.

A questo punto i giocatori, a turno, giocheranno una delle proprie pietre, rispettando la regola unica di piazzamento, ossia che ogni pietra piazzata deve essere messa a contatto con i lati di almeno due pietre presenti sul tavolo. Scopo del gioco è quello di ottenere una striscia di 4 pietre allineate (vedi l’immagine sotto).

Si tenga conto, per completare il discorso, che le pietre, una volta piazzate, non appartengono a nessuno (tutte le stones sono infatti a fondo nero) e che, una volta piazzata una pietra,

la stessa (e solo lei, quindi niente effetto ‘domino’ !) influenza tutte quelle con le quali essa entra in contatto, facendo girare sull’altro lato le pietre confinanti (vedi l’immagine sopra) che recano un simbolo soccombente rispetto a quello giocato (es. se giochi una forbice, girerai sull’altro lato tutte le stones in contatto con essa che portano il simbolo carta).


Una volta terminate le pietre, i giocatori potranno scegliere, al proprio turno, tra due opzioni, ossia la prima di girare una pietra (flip) e la seconda di spostare una pietra (move), prendendola da dove desiderano e ripiazzandola in altra posizione (con il rispetto della regola di piazzamento ed evitando che si formino due gruppi di stones separati). La pietra girata o spostata produrrà l’effetto flip sulle pedine ‘perdenti’ con le quali entra in contatto.

Tutto qui, per grandi linee. Si tratta, come si può intuire, di un titolo piuttosto semplice ed immediato, che utilizza in modo intelligente un meccanismo familiare a tutti (sasso, carta, forbice), con l’evidente scopo di accattivarsi le simpatie del grande pubblico, che è il target del titolo. A livello di materiali l’effetto visivo è molto positivo, visto che siamo sugli standard produttivi di Hive, titolo che avevo molto apprezzato, aldilà della presenza delle sue versioni digitali online, proprio per la consistenza delle pedine, di buona dimensione e di piacevole riscontro al tatto: qui c’è stata anche la scelta intelligente di rendere più sottili sui lati le pedine, per facilitarne il prelievo senza scombinarne il piazzamento, quando è necessario girarle e spostarle. Quanto alle meccaniche è invece un altro discorso: le regole base semplici sono sicuramente un plus competitivo, tuttavia gli elementi sui quali si basa il titolo sono variabili, in quanto nella fase di piazzamento iniziale si ignora cosa rechino sul retro le pedine dell’avversario, per cui il giocatore avventato potrà anche lanciarsi in piazzamenti rischiosi, puntando sul fatto che sotto una certa pedina ci sia un certo simbolo piuttosto che un’altro e l’avversario dovrà spesso tirare ad indovinare.

Nello stesso tempo il gioco richiede un continuo sforzo di memoria, in quanto si deve ricordare cosa vi sia dietro ad ogni pietra, per poter organizzare un minimo di strategia. Il fatto che tutte le pedine appartengano a tutti impedisce però di elaborare tattiche a lungo termine, visto che lasciare una file di tre stone allineate presta il fianco a mosse risolutive dell’avversario, per cui è lecito pensare a lunghe fasi di ‘studio’. E’, inoltre, un titolo facilmente autoproducibile, come lo era Hive, tuttavia il prezzo, intorno ai 15 euro, invoglia oggettivamente all’acquisto dell’originale (per chi è interessato, ovviamente), che regala sicuramente una esperienza tattile e visiva degna.

Personalmente lo ritengo un prodotto interessante, adatto per un pubblico anche più giovane del solito, visto che l’effetto ‘memory’ e la semplicità delle regole può attirare i ragazzini: d’altra parte la sensazione, fatte le prime partite, è di essere davanti ad un titolo assai meno profondo della sua ‘pietra’ di riferimento, ossia Hive. Lo propongo quindi alla vostra attenzione e giudizio, nella logica dei chiaroscuri che ho evidenziato e con l’avvertenza che anche il suo appeal può essere oscillante, un pò come l’equilibrio delle pietre che ne ispirano il titolo.

Cogliendo l’occasione dell’uscita del nuovo titolo, ho preso contatto con l’autore del gioco, John Yianni, al quale ho rivolto la nostra classica intervista. Tra le risposte fornite segnalo come egli riconosca che Logan Stones è da considerarsi un titolo con un livello di difficoltà decisamente minore rispetto ad Hive, in quanto indirizzato verso un pubblico più ampio, quasi ‘familiare’. Nel contempo John è convinto che varie siano le possibilità di sviluppare tattiche (tra le quali alcune basate sulla memoria ed altre sul ‘bluff’), cosa che può attrarre anche i giocatori più smaliziati. A livello di risultati apprendiamo inoltre che l’ottimo Hive ha ottenuto sinora un buon successo, vendendo 80.000 copie (cosa che da alcuni anni permette all’autore di vivere grazie al lavoro di game designer) e che ne sono previste anche edizioni per Ipod. Quanto a Logan Stones, infine, accenna alla possibilità di giocarci anche in tre, utilizzando due set di gioco, anticipando che sono in preparazione le relative regole.

First of all, can you briefly present yourselves ?
I have been a games designer since 2001 and it has been my full time job for 5 years now. Before I was a full time games designer, I was a carpenter. My family origins are Greek Cypriot, but I was born and brought up in the UK, I live in Hertfordshire in the UK and I am married with three children. 

How much time have you been working on Logan Stones ! ? Did you pass through a lot of playtesting ?
Logan Stones was about 6 mouths in the making. The game started like most of my games from ideas from other game ideas that I have on the go all the time. I have many ideas that I work on at different stages and Logan Stones is a development of one of those ideas.   

Are there some rules you decided during the process of creation of the game to delete ?

Once I decided on the design there where only a small miner adjustments to the rules; The amount of stones in the game, the balance of symbols and how the stones are taken to start the game.

Do you think that somehow this game could be played also by more than two players (maybe with two sets ..), since there aren’t stone colors ?

Yes I think with an extra set you could play the game with three players, with each player taking ownership of one colour. This is something that we might add as an option to the rules in the future.

How do you reply to the possibile argument about being the game too simple to attract core gamers ?
The game was designed, to appeal to a wide range of people and can be played simply or with a lot of tactics.
There are only 18 stones in the game and only 6 different types, 2 of each of the solid stones (same symbol on each side) and 4 of each of the other symbols. There are 12 of each of the three deferent symbols. So if you’re good, you can even work out what your opponent has in his hand by what you have in yours. There is also a bluffing part to the game for those who like to bluff and of course there is the memory, I think if a player is willing to think about the possibilities they will find a very deep game under the surface.
  
I thought that Hive is a deep and strategic game (chess-like), while Logan Stones is lighter and more suitable to a wider group of gamers (also younger): do you agree ?
Yes I agree, I also think that Logan Stones is a very good entry level game for none gamers and also as I said it can be played with a lot of depth for those who want to use their minds. I also think that Logan Stones will fit very well in the educational market.  

Did you ever think, during all this time, to quit designing board games ? 🙂 How hard was it to arrive to see your first game on the shelves ?  

I love designing games and find it very exciting to see a game go from an idea in my head, to a finished game that people enjoy playing. I don’t think this excitement will ever change and I can’t see myself ever wanting to stop designing. I had designed other games before that I would only play with friends and family, but Hive was the first game that I designed that I decided to publish. It was very had work to get it recognised but a very enjoyable and exciting journey, I feel we have yet to see it’s full potential.


Hive seems to have been a really great success : how many copies were sold ? It seems to be a sort of ‘classic’, i.e. the kind of game which can sell for years: is it true ?
Yes Hive is the kind of game that will be around forever, a true classic. We have yet to see the dream of it’s full potential and have only sold around 80’000 copies most of these in the last 3 years, which we feel is a very small amount for a game like Hive. We hope to increase this every year and increase the awareness of our games around the whole world. 

You’re latest products seems to be inspires by the trademark of hive (same kind of pieces, form, no board …): are you planning to leave that setting or in it you can still find more fresh inspiration ?
I have many ideas some in the same genre and many not the same. My next game is a re-working of a game I designed in 2003 that we only made a print run of 500 games. ‘Junkyard Races’ I have re-designed the game with a lot of changes, I have added a two sided board, extra 4 players (can now be played with 8 players) and a lot of rule changes.And the production value is a massive improvement from when we first made the game, the quality of our games is very important to us.

You’re free to express some good reasons for my readers to buy your game .. 😉
Logan Stones is very simple to learn and pick up by just about anyone, it can be played in a very short time, and has a lot of replay value, but even though it may seem simple on the surface it has a depth to it that can be overlooked. Whoever is willing to explore it’s depths will find that there is a lot of game here to uncover.
Rock, Paper, Scissors is familiar to about 80% of people on the planet, so it’s very easy to get them into the game very quickly. 
 
What’s the intended target (kind of players) for this game ?
The intended target to to catch the people who would not normally play hobby games. 

Once you have them, they will start to see that there is more to board games than just Monopoly


How many copies were printed ?
We only print to order, so the best question is to ask where is the game available, Currently: Germany, France, Holland, Belgium, Swaziland, Austria and Australia.

Is it planned a distribution also in Italy ?
We don’t have a distributor in Italy but would love to, so any company interested in distributing our games there, please contact us.

Do you have other projects running ?

Junkyard Races, Hive iphone, Hive Carbon and some other stuff that I cannot say now.

Can you tell something about those ?

Junkyard Races: a mad fun racing game where you race around a junk yard collecting stuff to improve your Racing Kart and other stuff that you throw out to stop the other divers.
Hive iPhone: A very beautiful version of Hive for the iPhone and iPod Touch, that allows players to play with multiple tile sets including the wooden, 3D and new Carbon set.
Hive Carbon: A new tile set that we intend to bring out to promote the iPhone game but also sell as an alternative to the currant version for those who like the black and white classic style.

What do you think of the preview ? You’re free to say whether you agree or disagree with it and to ask for corrections / point out errors.
As far as I can read it, it seems good.

— Le immagini del gioco riprodotte sono tratte dal regolamento, da BGG o dal sito della casa produttrice (Gen42), alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —

Preview – Infinite City

La Alderac Entertainment Group (AEG), casa produttrice canadese in passato attiva nel settore dei GDR e dei collezionabili di carte, si è recentemente lanciata a spron battuto nel settore dei giochi da tavolo, presentando parecchi titoli, tra i quali, in occasione di Essen, alcuni hanno attirato l’attezione, pur non ‘sfondando’ poi in nessuna particolare classifica. Un comune denominatore delle uscite sembra essere rappresentato da una certa cura all’aspetto grafico e di presentazione, nonchè di una tendenza a presentare prodotti indirizzati verso un target di pubblico piuttosto ampio, quindi non troppo complessi a livello di regole. Tra i prodotti presentati a Essen ricordo qui il gioco di carte Arcana, il titolo di corse Rush’n Crush, The Adventurers (un gioco per famiglie, semplice, con ambientazione alla Indiana Jones, con miniature di plastica colorate ed elementi scenici), Thunderstone, del quale già abbiamo parlato di recente ed il gioco del quale ci occupiamo oggi, ossia Infinite City (di Brent Keith).
Il titolo in questione è un gioco di piazzamento tessere, ambientato in una ipotetica città del futuro (appunto Infinite City), nel quale i giocatori ricoprono il ruolo di costruttori, i quali cercheranno di assumere il controllo delle aree migliori e più produttive della nuova realtà che emergerà dal loro lavoro. A livello di dinamiche si tratta, ma lo dico solo per introdurre il tema, di un incrocio tra un Dominion ed un gioco di pizazamento tessere, visto che su ogni tessera è contenuto un testo, che disciplina gli effetti del piazzamento.
I materiali sono rappresentati da 120 tessere, raffiguranti edifici della vittà futuristica, nonchè da 90 trippolini (segnalini colorati di legno) nei sei colori riservati ai giocatori (da 2 a 6). Qui trovate il regolamento, in inglese.
All’inizio della partita ogni giocatore riceve 5 tessere pescate a caso ed un set di 15 trippoli. Sul tavolo sono poi poste cinque tessere, coperte, disposte in modo tale da formare una croce. Le tessere residue formano, coperte, il mazzo di pesca.
Parte il giocatore di turno, il quale potrà solo piazzare una delle proprie tessere sul tavolo, in modo tale che sia adiacente (in alto o in basso – non basta solo in diagonale) con una tessera già presente sul tavolo. Sulla tessera che piazza egli pone uno dei suoi trippoli, quindi legge il testo della tessera ed esegue l’azione corrispondente.
Il meccanismo del gioco è tutto qui: spesso le tessere giocate scatenano una sorta di effetto domino, consentendo al giocatore, che altrimenti avrebbe con il piazzamento già finito il suo turno, di eseguire ulteriori azioni, indicate dal testo sulla tessera giocata. In alcuni casi l’effetto in questione è in sè limitato (tipo quella della tessera housing, che permette di mettere un trippolo su di una tessera vicina), ma può comportare il piazzamento di nuovi trippoli, cosa che a sua volta, se la nuova tessera occupata era a faccia coperta (tipo una delle 5 iniziali), comporta la necessità di leggere il testo sulla tessera occupata e di eseguire la relativa azione. E’ possibile in questo modo ottenere il piazzamento di varie tessere in un’unico turno (es. si gioca subito housing, che consente di occupare una tessera vicina: si occupa quindi una tessera coperta, la si gira e si scopre che, per esempio, è una library, che consente di scegliere una delle prime 5 tessere del mazzo e giocarla, magari tra queste c’è il temple, che consente di guardare le tessere in mano ad un avversario e giocarla, occupandola e così via ..).
Il gioco prosegue alternandosi il vari giocatori a turno e termina quando un giocatore ha finito i suoi trippoli (gli altri possono finire il giro) o quando le 5 tessere ‘power station’ sono state messe in gioco.
A questo punto si calcolano i punti, che sono attribuiti secondo tre criteri: 1) si considerano le tessere adiacenti controllate e per ogni gruppo di almeno 3 di esse si ottengono punti corrisponenti al numero di tessere che collegate ; 2) il giocatore che controlla più tessere a fondo argento ottiene un bonus pari al numero delle tessere di quel tipo che controlla ; 3) ogni tessera che reca su di essa un numero attribuisce quel bonus al proprietario. Vince, indovinate, chi ha più punti ..
Il meccanismo di gioco è semplicissimo: gioca la tessera, esegui quello che c’è scritto e pesca (reintegrando almeno la mano iniziale di 5 carte). Lo scopo del gioco è in senso ampio quello di ottenere il controllo di un’area contigua il più ampia possibile, con le varianti rappresentate dai diversi modi di ottenere punti.
Venendo ora al classico commento finale devo dire, partendo dall’apparenza esteriore, che si tratta di un gioco che, per la sua ottima grafica (molto belle le illustrazioni sulle tessere), mi ha colpito immediatamente, tanto che mi ero messo a vedere subito se era già in vendita online (per ora non lo vedo facilmente reperibile) e di questo aspetto devo dire che Infinite City fa il suo cavallo di battaglia (come molti prodotti Alderac). Passata l’emozione iniziale mi son messo poi a ragionare sui meccanismi di gioco, apprezzando ancora la relativa novità del mix tra la dinamica del testo, tipica dei giochi di carte, ed il tema tattico del  controllo aree, tipico di quelli di piazzamento tessere. Qui, al culmine dell’entusiasmo, mi sono però poi posto alcuni interrogativi, legati in particolare al reale controllo che ogni giocatore può avere sullo sviluppo della partita. Voglio dire che ognuno pesca a caso 5 tessere e che anche la pesca successiva è casuale, così come lo è la scoperta delle tessere che sono sul tavolo a faccia in giù: da qui a dire che è un gioco fortemente basato sulla fortuna il passo è brevissimo. Del resto il fatto di godere, magari all’improvviso, di un burst di 4-5 tessere giocate una in fila all’altra, lascia agli altri ben poche possibilità di replica. A questo aggiungiamo che tra gli effetti più frequenti delle tessere ve ne sono alcuni che fanno riprendere uno o più trippoli in mano agli avversari o li fanno sostituire con i propri, cosicchè neppure una ipotetica strategia a lungo termine di controllo di ampie aree avrà necessariamente successo, risultando influenzata dalla fortuna o sfortuna dell’avversario, a seconda che questo peschi o meno le tessere giuste per spezzare il fronte che con tanta fatica si era creato.
Detto questo l’impressione globale è quindi quella di un gioco che presenta alcune idee molto simpatiche in una bella veste grafica, ma che lascia perplessi sulla sua profondità, apparendo influenzabile fortemente dalla fortuna. Ho anche pensato a possibili varianti per influire su ciò, tipo far scegliere a turno ai giocatori le tessere iniziali, prendendole da un pool visibile a tutti (una a turno) e lo stesso autore, che evidentemente si è reso conto della aleatorietà del gioco, propone, per la fase di pesca di fine turno, di consentire di scegliere le tessere tra 5 preventivamente rese visibili a tutti i giocatori: direi però che questo tipo di ragionamenti, soprattutto se fatti (da me) solo dopo aver letto solo il regolamento, sono un pò troppo ipotetici. Poichè credo che il titolo abbia sia dei pro che dei contro, lascio a chi legge il giudizio finale: mi limito per ora a mettere in evidenza come si tratti di un gioco facilmente espandibile, semplicemente producendo nuove tessere, cosa che sicuramente si verificherà se il gioco avrà successo, per cui non è detto che tutto finisca qui ..

Sfruttando la gentile disponibilità offerta da Brent Keith ecco una intervista su Infinite City e sui programmi della casa editrice AEG.

First of all, can you briefly present yourselves (both as author and as a company) ? 
I am Brent Keith, resident designer and developer for AEG. After getting a degree in Math and programming for a few years after that, I started playtesting various AEG games – notably Warlord and Legend of the Five Rings. As time progressed I sent in many card ideas for both games, became the official rules person for Warlord, and when the job of Warlord lead designer opened up, was offered the position. I served in that role for a while, then moved to lead design for Legend of the Five Rings for a few years, and since then I have been extremely active in the new board game division both with some of my own designs as well as helping develop and polish other people’s designs. These days I spend most of my time working in various roles on bringing games to press, ranging from doing my own designs to overseeing art and graphics to editing to layout – wearing a variety of hats per project, as tends to be true with anybody in a small company.

AEG, short for Alderac Entertainment Group, started in the early 90’s with Shadis magazine, which focused on many different aspects of gaming. Around that time, Magic took off, and AEG teamed up with Isomedia to jump on the CCG bandwagon with Legend of the Five Rings. Since then, AEG has produced many CCGs (notable titles include Warlord: Saga of the Storm, Doomtown, and 7th Sea), role playing games (7th Sea, L5R, Spycraft, and World’s Largest Dungeon are well known), and other occasional projects like Clan War (L5R miniatures game). Recently, AEG has started to dip into the board game market, as seen with such titles as Tomb, Adventurers, Thunderstone, and – of course – Infinite City.

How did you decide to enter in the boardgame market (as AEG) ?
There were two main factors involved. First, the market for both RPGs and new CCGs has grown extremely tight over the past few years, for a variety of reasons. While Legend of the Five Rings has done very well for us both as a CCG and as an RPG, if we want to grow as a company we need to branch out beyond that. Board games have been doing very well, so it was logical for us to try to step into that market. Second, within the company, many of us enjoy board games a lot, and have been itching to try our hand at creating some. Put the two together, and the way forward was clear.

How much time have you been working on Infinite City ? Did you pass through a lot of playtesting ?From the moment where I first had the core idea for the game to the day of release, it was a little bit more than a year. During early months there was a good amount of playtest, specially with regard to making sure the rules and text were as clear as possible.

Are there some rules you decided during the process of creation of the game to delete ?
I would not so much say “delete” as “change”. The biggest area which was changed was the scoring rules, which went through many incarnations due to early versions being clunky and difficult.

It appears that the game could be a bit luck oriented (maybe too much..?). Is it right ? I had this idea since the mechanism allows some’domino reactions’ and a lot could depend on having in your hand the right tiles … ( I even thought to some potential tweak to the rules,maybe allowing – during the initial setup – to the players to choose -one at a time, clockwise order – the first 5 tiles, from a common face-up pool) … Any comment on this ?
Some of our goals for the game were a different experience each time it is played (for higher replay value), ease of rules, and having a game which gamers could enjoy themselves as well as pull out for the rest of their non-gamer family and friends. Given the tastes of many in that crowd, I aimed for a game which was a blend of luck and strategy, with a lot of variety coming out in the randomness tempered by the tactical use of what is drawn. That being said, a variation which is catching on (enough that I may put it as an official variation in reprint rules) is to have a pool of five tiles face up, and when refilling the hand at the end the turn the player may pull from the face up tiles or from the face down tiles. (If any face up tiles are taken, refill the face-up pool once the hand is full.)

Can be correct to define this game (smiling) as ‘where Dominion meets Carcassonne’ ?
It is certainly a cousin to Carcassonne, in that tiles are placed with the intent of controlling area. It is also a cousin to Castle, where players put down tiles from the hand then follow the directions on the tile. Dominion seems a bit of a stretch, since to my mind the key feature of Dominion is building your deck as the game progresses. It does bear a common ancestor to Dominion, though: collectable card games, and other such games where a major part of the rules is carried on the individual cards or tiles. Given both my own background as well as AEG’s in CCG design, this is a very natural way for us to raise replay value.

Did you plan expansions ?
Assuming the basic game does as well as we believe it will, absolutely!

Graphic seems to be really awesome and a trademark of some of your last creations … Do you agree ?

I am a little biased here, but I definitely agree! One area where we have prided ourselves for many years is the visual appeal of our games, and we are very picky about letting a game out which does not look good.
With this particular game, I will go a step further and say that the game was inspired by the art – or at least the artist. We have been using Charles Urbach for a few years now with L5R, especially on stronghold cards which depict key locations and castles within the setting. I got to wondering how to do a game which would showcase his talent with painting buildings, and the basic concept of the game was born.

Is it one of your objectives to strike immediately the imaginations of potential buyers ?
Absolutely!

You’re free to express some good reasons for my readers to buy your game .. 😉
Reason 1: It is fun!
Reason 2: It looks gorgeous!
Reason 3: The complete rules are printed on a single sheet of paper!
Reason 4: Setup and packing up take very little time, so you can be
playing within just a few minutes of first opening the box!
Reason 5: The designer is so gosh-darned humble, and never overuses exclamation points!
    
What’s the intended target (kind of players) for this game ?
As mentioned above, I wanted this to be a game which gamers could pull and and have fun mongst themselves, and could also invite in non-gamer friends and family without the rules and game play being a barrier. This is not the game for people who want a long-term brain-busting strategy game, but it should be good for people wanting a very tactical game with a lot of back and forth move and countermove.

Is it planned a distribution also in Italy ? Maybe a translation ?
Yes, and I hope so. I do not know the status of any deals myself, as other folk in the company typically handle arranging such partnerships.

When and where interested buyers will able to buy it in Europe ?
Now! As to where, you should be able to find it and/or order it at the stores and venues which normally carry this style of game. (Sorry, I just do not know the European market at that level very well. When I have visited in the past, the only game stores I personally ran across were owned by a single manufacturer, and not a good example to base opinions on.)

Do you have other projects running (boardgames oriented) ? Can you tell something about those ?
Yes, I have a few in the pipeline. Coming out in a few weeks (depending on transit times and customs times) is Myth: Pantheons, a trick-based game in which each player takes on the role of an ancient deity vying for followers in locations all over the globe. Each deity has a special ability and a special hand of cards representing their powers and influence, such as Anubis with his scales of judgement, Thor with his hammer, Amaterasu carrying her sword and mirror, Jupiter and his lightning, and Athena with her owl and shield. As the game progresses players claim different locations such as Rome, Troy, Athens, Kyoto, Babylon, and other notable population centers of times past – each of which confers special benefits upon their patron deity.

Later this year, we will be releasing Tomb of Iuchiban, the next in the Tomb line. Like Cryptmaster, it can be played alone or mixed with the previous releases. However, Tomb of Iuchiban taps into the Legend of the Five Rings setting, using characters, monsters, quests, spells, items, and so forth from the L5R universe. In this, we introduce mechanics for clan loyalty (as the clans are very major features in L5R!), personal honor, dueling, and other setting-appropriate features.

— Le immagini sono tratte dal regolamento, da BGG (postate da Todd Rowland, Brent Keith, Kwang Il Kim) o dal sito della casa produttrice (AEG), alla quale appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —  

Review – Conhex

Ok, prima di tutto auguri di buon anno, quindi, per iniziare, propongo una veloce review di un titolo in giro da un pò di tempo, ma che può essere sfuggito alla attenzione dei più … Ancora pazienza sino a dopo la Befana … dopo di che si riprende con il normale ritmo !!! ancora salutoni a tutti !!!

Conhex è un gioco astratto uscito nel 2002 e disegnato da Michail Antonow, attualmente edito dalla Clemens Gerhards. Il titolo di svolge su di una scacchiera di forma quadrata (nella versione in questione è in legno, ma dovrebbe essercene anche una con tabellone pieghevole e pezzi in materiale plastico – venduta in un tubo), divisa in aree dalle forme irregolari (come da immagine che vedete sotto), che i giocatori battaglieranno per conquistare. Scopo ultimo del gioco è quello di collegare, grazie ad aree vicine, un lato della scacchiera con l’altro (uno dei giocatori va da destra a sinitra e l’altro dall’alto in basso), per cui è un classico gioco di connessione.

Le regole si spiegano in poco. Il gioco procede a turni e ad ogni mossa il giocatore piazza sulla scacchiera, in uno degli angoli (punti di controllo) sui quali vedete nell’immagine un piccolo cerchietto (che corrisponde, nella scacchiera in legno, ad una scavatura dove si pone una pallina di legno del proprio colore) un proprio segnalino: quando ha presiadiato la maggior parte degli angoli occupabili (quelli col cerchietto) che delimitano ciascuna area ne acquisisce il controllo, piazzandoci sopra un proprio tassello colorato. Si noti che se l’area ha un numero dispari di punti di controllo se ne devono coprire la maggioranza (per esempio molte aree sui lati hanno solo 3 angoli con cerchietto, per cui si controllano occupandone 2), mentre se ha un numero pari di punti di controllo, è sufficiente essere il primo ad occuparne la metà. Vince chi collega per primo i due lati  della scacchiera a lui affidati.
Detto così il gioco sembra semplice ed il suo lato più apprezzabile, come spesso accade per gli astratti, è proprio questo, ossia il fatto di donare profondità alle partite, partendo da una base di regole immediata e comprensibile. A livello di strategie dico subito che, diversamente dalla maggior parte dei titoli da scacchiera, qui le aree da occupare subito sono quelle ai lati e non il centro, in quanto esse hanno pochi punti di controllo, per cui con solo due segnalini ci si può appropriare di un’area, mentre al centro ne servono almeno tre. Altre piccole tattiche sono di porre una certa attenzione allo svilupo a medio termine dell’avversario, perchè farsi chiudere a pelo una via di vittoria spesso si risolve nell’inizio di una azione vincente per l’avversario, per cui le partite restato di sovente in bilico a lungo, con continui capovolgimenti di fronte. Si deve poi cercare di proporre delle alternative di occupazione all’avversario (le classiche ‘forchette’), spingendolo a compiere mosse obbligate, per controllarlo.
Il gioco, uscito da tempo, non è facile da reperire in giro per internet ed ha un costo generalmente abbastanza elevato (dai 55 ai 60 euro), visto che consiste in una scacchiera e pezzi in legno, ma è possibile autoprodurlo con una certa facilità, stampandosi il tabellone e riciclando cubetti et similia saccheggiati dai vostri ‘gestione risorse’ preferiti (sottolineo comunque, come sempre, che la soddisfazione nel giocare con i pezzi originali, belli, dà tutt’altra soddisfazione). Nel contempo, per gli amanti delle versioni elettroniche, segnalo che su Yucata è possibile giocarci online (menu in inglese e tedesco, iscrizione gratuita).
Arrivando ora, come sempre, alle conclusioni, dico sinteticamente che è un titolo assai interessante, semplice, immediato ma per nulla banale, con tutti i requisiti per divenire un sempreverde della collezione di ognuno. La profondità è adeguata per tenere occupato chi ci si appassionerà per abbastanza tempo, anche se ho l’impressione (ma qui le partite fatte non bastano per esserne sicuri) che se affrontato con metodo scientifico di studio, non sia propriamente ‘infinito’, ovvero che sia possibile elaborare tecniche di piazzamento ‘vincenti’ in un tempo ragionevole (e non in una vita di studio, tipo con gli scacchi o con il go …). La disponibilità del gioco online lo rende appetibile, se non altro per provarlo, per cui lo propongo senza remore.
Per chi avesse piacere di approfondire, segnalo infine un ottimo video di presentazione del gioco, realizzato in inglese dal noto Scott Nicholson: può essere utile anche a chi non capisse granchè della lingua, perchè intorno alla metà del filmato è proposta una partita intera di prova, che si può seguire anche solo guardando le immagini !
— Le immagini sono tratte dal regolamento, da BGG (postate da Geo, Tim Meuter – Michas-spielmitmir.de ) o dal sito delle case produttrici (Clemens Gerhard e Hirn Verlag), alle quali appartengono tutti i diritti sul gioco. Le immagini e regole sono state riprodotte ritenendo che la cosa possa rappresentare una gradita forma di presentazione del gioco. —