[Boardgame World] I giochi di gestione risorse: Deja Vu ?

Inauguro con questo post una sorta di nuova sezione del blog, ossia una serie di articoli, che andranno ad intrecciarsi con le recensioni e le interviste che finora avete potuto leggere, dedicati all’approfondimento di temi di fondo legati appunto, come da intestazione, al mondo dei giochi da tavolo (boardgame world). Scopo delle riflessioni che saranno proposte è quello di ragionare, insieme con i lettori, sulla evoluzione dei giochi da tavolo, sulle meccaniche proposte, su ciò che abbiamo visto e che vedremo sui nostri tavoli, focalizzandoci non sui singoli titoli, ma sui trend che sulla base di ciò che in generale è prodotto sembrano affermarsi: graditissimi saranno quindi i vostri commenti, visto che ciò che sarà esposto avrà principalmente lo scopo di aprire linee di ragionamento e fungere da spunto per parlare insieme.

Ok, dedichiamoci ora al tema di oggi, ossia quello legato ai giochi di gestione risorse, argomento naturale vista l’abbondanza di titoli che, in un modo o nell’altro, appartengono a questo genere e che cercano ad Essen la loro consacrazione. Nelle scorse settimane almeno tre di essi sono stati oggetto di recensione su questo blog, ossia Carson City, Opera e Vasco da Gama, ma ve ne sono almeno altrettanti che hanno suscitato la mia attenzione (e chissà quanti altri che non ho ancora notato !) tra quelli proposti nella kermesse tedesca, ossia Shipyard, Die Tore der Welt (successore dei Pilastri della Terra) e Colonia.
Premesso che tutti i titoli citati, presi singolarmente, contengono validi elementi a livello di regolamento, una presentazione ben studiata e meccanismi oliati, una osservazione che sorge spontanea da un loro esame d’insieme è che tutti risultano, in un modo o nell’altro, frutto della elaborazione di meccanismi (regole) già visti in precedenza in altri titoli. Scendendo nel dettaglio dei tre titoli recensiti vediamo che, pur nel contesto di tre giochi che poi si sviluppano in modo totalmente diverso, in tutti compaiono, ‘casualmente’ le figure dei ‘personaggi’ da scegliere ogni turno, più o meno numerosi, i quali attribuiscono particolari facoltà e/o permettono di compiere azioni. Questo tema ricorda un pò il classico Puerto Rico e ci fa capire come certe radici siano difficili da cancellare.
Nel contempo altro elemento comune è quello della presenza di una risorsa base identica, ossia il denaro, grazie al quale poi si acquistano in genere un paio di materiali / risorse secondarie che consentono di acquisire punti. In Opera così con il denaro si costruiscono i teatri e si comprano gli spartiti ed accoppiando le due cose si ottengono altri denari e punti, mentre in Carson City con il denaro si acquistano concessioni di terreno ed edifici da piazzarci sopra, i quali garantiranno, indovinate cosa, denaro e punti ed in Vasco da Gama con il denaro si acquistano i progetti delle spedizioni (navi), i quali, accoppiati con l’equipaggio permetteranno il varo della spedizione la quale, arrivata alla meta attribuirà ai giocatori … (principalmente) punti e denaro ! Lo schema di fondo della trasformazione della risorsa base in due o tre mezzi di produzione da combinare per ottenere ancora la risorsa base ed un derivato di punti vittoria è quindi ricorrente e rappresenta una sorta di classico. Al riguardo ancora in Puerto Rico ricordo che avevamo la combinazione di coloni, campi coltivati ed edifici, che produceva denaro e/o punti, utilizzando, tra l’altro, vari ulteriori meccanismi (tipo la spedizione, ecc.).

Alla luce di quanto sopra sembrerebbe consequenziale concludere che nulla di nuovo ci sia sotto il sole e che non valga la pena di acquistare nessuno dei titoli citati, in quanto ‘ripetitivi’, ma questa sembra essere una conclusione affrettata, perchè, come si accennava, pur partendo dagli stessi presupposti, i tre giochi in questione si rivelano poi del tutto diversi l’uno dall’altro, per come il gioco si sviluppa sulla base delle residue regole. Per esempio da una parte abbiamo infatti Vasco da Gama che si propone come titolo ‘agile’, tanto che lo stesso autore segnala come le azioni astrattamente disponibili da compiere siano relativamente poche, mentre dall’altra l’autore di Carson City (pur ispiratosi, per il meccanismo del piazzamento, probabilmente ad Oregon, con il quale condivide anche la forma dei trippolini .. come da immagine sotto, tratta da BGG, di Benjamin Pachner) sembra essersi sforzato nel tentativo di moltiplicare il più possibile le scelte (arrivando ad oltre 20) ed in mezzo Opera, a metà strada tra le due opzioni, con la sua ‘scala’ della fama che fa aumentare o diminuire i valori dei prodotti degli autori. Ognuno dei giochi menzionati poi propone, come spero di aver messo in luce nella recensione, importanti innovazioni, legate ad aspetti del gioco che possono sembrare a prima vista ‘secondari’ ma che alla fine ne influenzano pesantemente lo sviluppo: vale la pena di segnalare, per esempio, il fatto che tutti si sforzano di derogare ad un concetto classico di ‘turno’ prestabilito con idee simpatiche ed apprezzabili e che a livello di profondità, strategie e sviluppo delle partite alla fine i tre titoli non risultino affatto assimilabili, tanto che un giocatore incallito potrebbe tranquillamente pensare di comprarli tutti, senza con ciò avere sullo scaffale delle sorte di ‘doppioni’.

Cosa emerge quindi dal discorso affrontato ? Emerge che le case produttrici hanno rilevato che oramai da alcuni anni il settore dei giochi di ‘gestione risorse’ (etichetta i cui contenuti andrebbero forse chiariti, ma lasciamo amplieremmo per ora troppo la discussione, per cui riserviamoci di tornare sul tema) rappresenta una piccola ‘miniera d’oro’, nel senso che molti acquirenti si sono indirizzati verso questo genere, apprezzando il concetto di ‘costruzione’ che vi sta dietro (forse contrapposto alla ‘distruzione’ tipica dei giochi di guerra ?) e la profondità strategica e di riflessione che contengono. I Pilastri della Terra, Stone Age, lo stesso Agricola e Le Havre (che spingono all’estremo il genere) e tanti altri titoli, che hanno ottenuto ottime vendite sono sotto gli occhi di tutti, per cui è logico che molti altri ne escano con il tempo, perchè le case hanno identificato questo settore come ancora ‘fertile’. Fino a che saranno premiati da buone vendite ne vedremo quindi, credo, molti altri, che cercheranno di riprodurre almeno parti dei loro precursori (Die Tore per esempio si ispira sfacciatamente ai Pilastri, condividendone anche l’autore, Ken Follet, del tema di fondo prescelto, mentre Colonia è una summa dei meccanismi classici di conversione delle materie prime, con pacchi di cubetti colorati, come da immagine a lato, tratta da BGG, di Nuno Sentieiro) per attirare chi, oramai stanco dell’ispiratore (che gli è comunque piaciuto) voglia acquistare qualcos’altro: resta da vedere se l’evoluzione della specie porterà alla nascita, alla fine, di qualcosa di completamente nuovo, che forse molti aspettano con ansia. Purtroppo, visto che i tempi di preparazione dei giochi sono spesso lunghetti (abbiamo letto che si parla spesso di almeno un biennio), se oggi i designer stanno testando prototipi basati su ciò che vediamo ora, prima di avere reali innovazioni copernicane dovremo forse aspettare ancora un paio d’anni …
Penso però che non ci sia troppo da lamentarci, perchè la sensazione è che la qualità media dei prodotti sia comunque cresciuta, sia a livello di materiali (avete notato che i ‘cubetti’ stanno iniziando a diminuire ? … sarà a causa della cresciuta sensibilità ambientalista .. ?) che di grafica, sia nelle grandi case che in quelle più piccole : la raffinatezza media delle produzioni è quindi ora elevata e le ambientazioni sono spesso rese con buona attenzione (e non ‘appiccicate’ sopra alle regole), per cui i gamer credo che possano essere comunque soddisfatti. Voi che ne pensate ?

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